Cristo crocifisso dolente

decorazione plastica,

Raffigura Gesù Cristo crocifisso con il capo leggermente reclinato sul petto e gli occhi chiusi. Nette incisioni mettono in risalto il costato e le piaghe sanguinanti. Il perizoma è drappegiato ed annodato sul fianco sinistro

  • OGGETTO decorazione plastica
  • MATERIA E TECNICA argento/ sbalzo/ cesellatura/ fusione/ doratura
  • LOCALIZZAZIONE Cuneo (CN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Nel 2002, per l'allestimento del museo diffuso "Il Tesoro della diocesi", la croce è stata esposta nella cattedrale di Cuneo; si prevede la realizzazione di una teca blindata a Caraglio per permettere il ritorno dell'opera al suo luogo di origine e la sua esposizione in sicurezza.Si può ragionevolmente supporre che questa sia la "crucem argenteam" nominata ad inizio Cinquecento in numerosi Ordinati del comune di Caraglio, insieme ad un reliquiario - anch'esso d'argento - ed a una custodia argentea (verosimilmente un ostensorio); di entrambi questi manufatti non si ha più notizia (ACC, Ordinati - cat. I, classe VIII, vol. 13 (dal 1497 al 1514), f. 69r, f. 125r; vol. 16 (1526 - 1586), f. 54r, f. 40-41; in parte commentati in L. Molineris - S. Parola, La Pieve di Caraglio, in L. Armando (a cura di), Da Pieve di Santa Maria a Parrocchia di Maria Assunta a Caraglio, Cuneo 2000, pp. 17-60) . La lettura di questi documenti permette di ricostruire una controversia sorta tra il pievano ed il comune che si trascinò dal 1527 al 1528; la lite riguardava, appunto, una croce ed una custodia d'argento fatte fabbricare a spese della comunità, che il parroco sosteneva essere di proprietà della chiesa. La custodia era stata commissionata nel 1506 a Bernardino Dorerio di Cuneo per portare l'Ostia consacrata nella processione del Corpus Domini. Tornando all'analisi della croce, stilistacamente va rilevata la chiara afferenza all'oreficeria lombarda: gli affollati motivi fitomorfi, densi di frutti e fiori, e le robuste pignette rimandano all'attenzione botanica dei taccuina sanitatis; i suggestivi personaggi (in particolare i due Dolenti e l'Eterno benedicente) che emergono plasticamente dalle cartelle ed i particolari dell'abbigliamento e delle acconciature - plasmati con perizia ancora tardogotica - rammentano immediatamente certe croci quattrocentesche dell'area comasca. Di tali croci, l'opera di Caraglio ripropone tanto il cliché formale della cartella ovale all'incrocio dei bracci, quanto particolari compositivi, quali la testa di cherubino che sostiene, a mo' di mensola, l'Eterno, la forma delle grasse pignette decorative o, ancora, la maniera di delineare la cassa toracica del Cristo o di far ricadere il perizoma dorato (O. Zastrow, Capolavori di oreficeria sacra nel comasco, Como 1984; O. Zastrow (a cura di), Museo di arti applicate - Oreficerie, Milano 1993, pp. 67-87). La croce di Caraglio va affiancata ad una serie di opere di fattura seriale, confezionate in zona lariana nell'arco del XV secolo ed esportate con grande successo in area alpina e non solo, in ragione di una ripetitività di strutture ed elementi decorativi evidentemente graditi ad un pubblico non troppo esigente, come testimoniano i numerosi manufatti di questo tipo disseminati in Piemonte e nell'intero nord Italia (A. Crivelli - A. Gilardi (a cura di), Mater Dolorosa, catalogo della mostra di Mendrisio, Pergassona 1998; Le arti nella diocesi di Como durante i vescovi Trivulzio, atti del convegno di Como (1996), Como 1998; A. M. Spiazi, Oreficeria sacra in Veneto. Volume I, Secoli VI-XV, Padova 2004; L. Marino - C. Piglone, Oreficeria tra biella e vercelli: produzione locale e concorrenza lombarda, in V. Natale (a cura di), Arti figurative a Biella e a Vercelli: il '400, in corso di stampa, ma Biella 2005). Questi oggetti, accomunati da alcuni elementi ricorrenti (il profilo smerlato, la sagoma ellittica all'incrocio dei bracci, gli sfondi a losanghe, le cartelle polilobate, le sferette sporgenti), vengono prodotti attraverso l'uso ripetuto di matrici precostituite, alle quali venivano fatte aderire le lamine metalliche, come confermano le innegabili affinità dei partiti decorativi e delle posture dei personaggi. Questo procedimento permetteva alla bottega di aumentare la propria produzione e consentiva ai committenti di avere un oggetto di oreficeria a prezzi ragionevoli, vista la serialità della fattura e la relativa modestia del materiale impiegato (l'utilizzo di sottili lamine sbalzate comportava l'impiego di una minor quantità di metallo rispetto alle più massicce figure eseguite a fusione). A rendere ancor più vantaggioso l'aspetto economico, doveva poi contribuire l'uniformità iconografica degli oggetti che li rendeva interscambiabili: nella maggior parte dei casi, nonostante i rimontaggi non sempre filologici, le croci presentano sempre i medesimi personaggi: Cristo crocifisso affiancato dai dolenti e dalla Maddalena e sovrastato dal pellicano o da un angelo sul recto, e l'Eterno benedicente circondato dal tetramorfo sul verso. Solo in alcuni casi, a fronte di una spesa probabilmente un po' più elevata, compare l'immagine del santo patrono della chiesa di appartenenza, posto al centro del lato posteriore o su una delle cartelle. In conclusione, però, va osservato che la croce caragliese, per l'intensità dei personaggi, l'originalità dei partiti decorativi e la finezza del modellato si propone come opera di una bottega più valida e dotata
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100210957-1
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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