Neapolis (sito pluristratificato insediamento urbano)

Guspini, ca IV mill. a.C - ca VIII sec. d.C

Il sito, ubicato a sud-est del golfo di Oristano, risulta interessato dalla presenza umana almeno dal Neolitico recente. Tuttavia è a partire dalle fasi del Bronzo recente e finale che sono documentate, a livello materiale, maggiori attestazioni di frequentazione. La presenza fenicia nel sito è documentata da manufatti ceramici da mensa e da cucina riferibili a diverse produzioni (Red Slip, piatti, una coppa emisferica in ceramica con vernice e sovradipinta, coppe carenate, bacini ingobbiati, bacini in ceramica priva di rivestimento -tra cui spicca un tripod-bowl-). La quasi esclusiva esistenza di vasellame legato a esigenze della vita quotidiana, unitamente alla significativa quantità e distribuzione dello stesso in tre settori contigui del sito (meridionale, orientale e settentrionale), consente di determinare la creazione, tra la seconda metà dell’VIII e la prima metà del VII secolo a.C., di un insediamento stabile fenicio, centro di intensi contatti transmarini come testimonia la presenza di anfore commerciali di ambito fenicio, greco-orientale, greco-continentale ed etrusco rinvenute essenzialmente nel settore nord, prossimo all'acqua e probabilmente originario spazio commerciale. Dalla fine del VI secolo a.C. Cartagine, avvierà la punicizzazione del territorio fondando una città in un distretto già interessato dalla presenza fenicia e almeno in parte economicamente organizzato, proseguendo così da un lato quell’orientamento economico già avviato dai Fenici, dall’altro favorendo e potenziando un sistema economico basato sulle attività agricole e minerarie. L’espansione della Neapolis punica, pur nell’ancora limitata conoscenza dell’organizzazione urbana, sembra realizzarsi tra il pieno V e il IV secolo a.C. vista la rilevante presenza, all’interno della città, di materiali ceramici d’importazione (anfore di Mileto/Samo, di Corinto, anfore dell’Egeo settentrionale, della Magna Grecia, di Marsiglia) tra cui spicca, per quantità e qualità, il vasellame a vernice nera prodotto dalle officine di Atene. La consistente presenza di ceramica attica, la più alta documentata finora tra i centri punici della Sardegna, farebbe quindi ipotizzare una relazione privilegiata tra Neapolis e il territorio greco. Dell’impianto cittadino di età punica si conosce attualmente ben poco. Presso il settore nord-occidentale della città è riconoscibile un tratto di mura, databile al IV sec. a.C., relativo alla cinta urbica e realizzato in opera quadrata con blocchi di arenaria, mentre in ambito suburbano se non già extraurbano sono dislocati una necropoli, segnalata da tombe a fossa rinvenute fortuitamente e databili, sulla base dei materiali, ai secoli V-IV a.C., e un possibile settore artigianale indicato dalla presenza di scorie e di argilla concotta con tracce di vetrificazione collegabile a un impianto fusorio. La conquista della Sardegna, attuata da Roma nel 238 a.C., segna il passaggio della città dall’orbita cartaginese a quella romana. L’assetto urbanistico che la città assunse in età romana è in parte indicato dai monumenti attualmente visibili: nei settori sud-orientale e nord-orientale insistono due edifici termali, databili verso la fine del II-inizi III secolo d.C., noti rispettivamente come Grandi Terme e Piccole Terme. Dell’edificio relativo alle Grandi terme (dimensioni m 20 x 16), orientato E/O, l’ambiente meglio conservato è un vano rettangolare (dimensioni esterne m 4,9 x 5,3) voltato a botte costruito in opera cementizia con paramenti in opus vittatum mixtum mentre gli spigoli NO e SO sono realizzati in opus testaceum. Il ritrovamento nell’area delle terme di una quantità considerevole di tessere musive policrome in marmo fa ipotizzare la presenza di mosaici. Immediatamente a SE delle terme è visibile una cisterna interrata, realizzata in opera cementizia e malta idraulica. Le Piccole terme (dimensioni m 15,5 x 7,75), edificate come le precedenti in opus vittatum mixtum ad eccezione degli ambienti riscaldati realizzati in opus testaceum, conservano un ambiente rettangolare –A- (m 7,75 x 4,8) con funzione di apodyterium e frigidarium e due vasche semicircolari (B e C) di minori dimensioni fra cui la più grande, verosimilmente utilizzata come frigidarium (C), è dotata di tre gradini per la discesa e di tre nicchie rettangolari con terminazione ad arco a tutto sesto. I rimanenti quattro ambienti a pianta quadrangolare avevano funzione di tepidarium (vasca D) e di calidaria (vasche E, G, H, I absidata). Nel settore settentrionale noto come “area monumentale” il rinvenimento di elementi architettonici e di decoro urbano oltre a vari frammenti di iscrizioni, unitamente alla messa in luce di strutture murarie tra cui rilevante importanza assume un grosso muro a sviluppo rettilineo (m 42x 0,80 circa) intonacato su entrambe le pareti, fanno supporre l’esistenza di un’area occupata da importanti edifici pubblici. Tale ipotesi sembrerebbe confortata dalla scoperta di una iscrizione, dedicata all’imperatore Valeriano e databile al 257-260/26, nella quale vengono citati la pecunia publica e l’ordo decurionum della città. Della viabilità interna si conserva un tratto viario del decumanus (m 30 x 6), realizzato con basoli in basalto e arenaria, mentre a N-N/E è riconoscibile il tratto d’ingresso alla città della strada a Tibula Sulcis che, collegando da N a S la costa ovest dell’isola toccava i principali centri abitati del litorale occidentale. Nel settore sud-occidentale si trovava, presumibilmente, il castellum aquae originariamente collegato all’acquedotto, databile verso la fine del II-inizi III secolo d.C., che partendo dalle falde dei monti a sud della città dopo un percorso di circa Km 4,750 (lungo il quale si individuano ancora alcuni tratti del condotto realizzato in opus caementicium e opus vittatum mixtum,) entrava a SW del centro urbano. Al presumibile castellum aquae sarebbero dunque da ricondurre alcuni blocchi in opera cementizia con rivestimento esterno in opus vittaum mixtum localizzati nel settore sud-occidentale della città. Sono finora note quattro cisterne, oltre a quella delle Grandi terme, distribuite in diverse parti dell’area urbana: si tratta di serbatoi idrici, costruiti in opera cementizia con rivestimento interno impermeabilizzante in opus signinum, caratterizzati da un ambiente rettangolare voltato a botte e dotato di pozzetto per attingere l’acqua. Due necropoli completano per l’età romana il quadro delle attestazioni materiali nel sito: una a nord, parzialmente scavata, è costituita da sepolture alla cappuccina, a sarcofago, a cupa (?) a filari di blocchetti; l’altra benché distrutta da lavori agricoli è stata individuata, a sud del tratto meridionale della cinta muraria, in seguito al rinvenimento di resti ossei relativi a individui inumati o cremati e ai frammenti di materiali relativi ai corredi funerari. L’utilizzo delle necropoli, sulla base delle tipologie tombali e del materiale rinvenuto, si colloca tra l’età alto imperiale e il VII secolo d.C. Per la fase altomedievale i dati archeologici attestano una contrazione dell’abitato nella parte centro-orientale della città. L’ambiente voltato a botte delle Grandi terme venne rifunzionalizzato, probabilmente tra il V e il VI secolo d.C., quale edificio di culto cristiano dedicato alla Vergine, come indica il toponimo Santa Naria di Nabui con cui il sito è ancora oggi conosciuto. Immediatamente a est delle Piccole terme insistono una serie di piccoli ambienti, realizzati in opera a telaio, messi in luce durante gli scavi condotti nel 1951 e interpretati allora come un settore abitativo in uso tra VI e VII secolo d.C. Attualmente tali ambienti vengono interpretati come alloggiamento destinato a militari: più recenti ricerche infatti hanno consentito di individuare in quest’area la presenza di una struttura fortificata a pianta quadrangolare molto simile planimetricamente a esempi di castra dell’Africa bizantina ubicati all’interno o all’esterno della città o a difesa dei limiti territoriali. Dopo l’età bizantina la città, per cause non facilmente definibili, decadde diventando un semplice centro agricolo come citano alcuni documenti del tardo Medioevo. L’esistenza di un Neapolitanus Portus risulta invece dai portolani e carte nautiche del basso Medioevo

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