Orto Botanico (infrastruttura idrica cisterna, bacino di decantazione)

Cagliari, ca IV a.C - ca II d.C

L’Orto Botanico è ubicato nella conca valliva di Palabanda inserito tra l’anfiteatro e il complesso residenziale di età romana denominato Villa di Tigellio. Si tratta quindi di un’area di transizione tra strutture pubbliche destinate allo spettacolo e quartieri abitativi, laddove la valle svolge un ruolo di displuvio delle acque dalla più rilevata collina di Buoncammino verso il mare. Tale fattore spiega la caratteristica delle strutture antiche ritrovate nell’area, connesse prevalentemente al sistema di approvvigionamento e adduzione dell’acqua. I lavori legati alla realizzazione dell’Orto Botanico, inaugurato nel 1866, misero in luce una serie di strutture di presumibile età romana, relative a un complesso di impianti idrici, dislocate in varie parti dell’area estesa complessivamente circa 5 ettari. Lo stato attuale e l’assenza di scavi condotti scientificamente non consentono di stabilire con precisione quale fosse, in età antica, l’effettiva destinazione dell’area né di attribuire una esatta cronologia alle singole strutture. Attualmente sono visibili 2 cisterne. La prima, del tipo “a bottiglia”, interamente rivestita in cocciopesto con funzione impermeabilizzante, ha una pianta circolare (diametro m 9,1), un’altezza di m 8, 30 e poteva contenere fino a 160 metri cubi d’acqua. L’acqua piovana veniva convogliata al suo interno attraverso un’apertura collocata sulla parte sommitale sfruttando la pendenza della collina. Tale apertura risulta attualmente chiusa per la presenza, al di sopra, dell’edificio che ospita la Facoltà di Giurisprudenza. Si tratta di una tipologia di origine punica che continuò ad essere utilizzata anche in età romana ampiamente documenta a Cagliari. Probabilmente in età moderna nella parte inferiore della cisterna venne scavato nel banco di roccia calcareo un condotto lungo m 40, dotato di alcune diramazioni, che va ad intercettare il serbatoio alla sua base. Da lì l’acqua mediante un rubinetto veniva prelevata e immessa in una canaletta (larghezza m 0,15, profondità m 0,10) scavata nella roccia a circa m 1 di altezza che consentiva di convogliarla all’esterno. La seconda cisterna, chiamata Grotta Gennari dal nome del primo direttore e fondatore dell’Orto Botanico, nel suo aspetto attuale è il risultato di varie trasformazioni avvenute nel tempo e dell’attività di cava che ne compromettono la lettura e l’interpretazione archeologica. Sul fondo della grotta, nella sua porzione destra, è riconoscibile la base di una originaria cisterna del tipo “a bottiglia”, di presumibile età romana, dotata sul fondo di una fossa circolare per la decantazione dell’acqua. La grotta è attraversata da un sentiero scavato nella roccia delimitato da due canalette, di epoca incerta, ma probabilmente pertinenti al successivo riutilizzo in età moderna quando venne eliminata anche la parte superiore della cisterna che venne trasformata in vasca. Sulle pareti della cavità sono presenti alcuni tagli quadrangolari, una sorta di nicchie scavate nella roccia in gran parte distrutte al momento della realizzazione della grotta per le quali è stata, problematicamente proposto un utilizzo funerario in epoca romana o forse anche in età precedente. Nell’area si trovano inoltre, oltre a una serie di cunicoli/canalizzazioni, un pozzo, profondo m 50, e due vasche, riadattamento di originarie cisterne del tipo “a bottiglia”. Tra queste, particolare è la vasca denominata a trifoglio nella quale è possibile riconoscere la presenza di due cisterne affiancate di cui residuano fondo, pareti e parte del rivestimento in malta idraulica. Al complesso di infrastrutture idriche si deve collegare probabilmente anche una sorta di ampio ambiente (lunghezza m 34, h m 9), simile a un riparo sotto roccia e chiamato “cava romana”, solcato da due canalette provenienti dalle cisterne. L’importanza dell’area dell’Orto Botanico deriva soprattutto dal rinvenimento di numerosi reperti di cui alcuni pertinenti a riti egizi, introdotti in età romana, che hanno fatto ipotizzare la presenza nella zona di un tempio dedicato a Iside il cui culto trova impulso tra il I e il II secolo d.C. Tra tali materiali sono particolarmente significative due sfingi in granito rosa, una statua semicolossale che sostiene con le mani un globo sul petto e un frammento di piccolo pschent, la doppia corona dell’alto e basso Egitto, in steatite verde che reca un’iscrizione dedicatoria in latino, probabilmente a Iside, da parte di un liberto dell’imperatore Vitellio. Tuttavia l’assenza dei dati di contesto per questi materiali scoperti nell’Ottocento non consente di associare l’esistenza di un probabile edificio cultuale con le strutture idriche presenti nell’area

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