Architetture rurali in pietra a secco. Pajare e Lamioni. Tecniche di costruzione

XXI

Cosimo Battocchio si sofferma sulle architetture realizzate durante la sua vita lavorativa e illustra la tecnica di costruzione del muretto a secco. Di seguito la trascrizione del suo racconto: «Ho fatto anche due trulli: uno tondo e l’altro [i capannoni] all’epoca, adesso non so come si chiamano ma i famosi capannoni, lungo 12 metri e largo 4. (…) La differenza tra trullo e capannoni è che uno è tondo e l’altro è lungo ed è abbastanza più largo. In dialetto capannoni. La pajare invece su trulli tondi insomma ecco. Tra pajara e capannone, ripeto, la differenza è questa. E io ho fatto sia un trullo tondo, ma con la copertura in travi, non definito a trullo, a piano e poi questo lamione. Il lamione è fatto in maniera che dentro c’era il posto per il frigorifero, il letto rientrato, la lavastoviglie, la lavatrice, ma tutto interrato, cioè all’esterno era libero… e la cucina! Lavabo, tutto,… un mini appartamento ecco! (…) Dove c’è il capannone ho sistemato tutta la casa esterna in cui ci sono i muretti sulla strada e i famosi vialetti con l’ingresso per la macchina. Poi sempre allo stesso posto c’era, non so se hai avuto modo di sentire il campeggio Pallini, là ho fatto il trullo dentro, i muretti esterni, la villa del notaio Positano, generale Giotti che sta a fianco. [I lamioni erano fatti] l’esterno in pietra e l’interno in tufi, invece le pajare sono fatte in pietra esterno e interno. Una delle differenze è proprio questa. Il capannone l’ho fatto in questo modo io: tufi e pietre, tufi e pietre, tufi e pietre,… e sei arrivato a… Di solito i capannoni erano fatti ad arco di tufi, però costava più alla copertura che tutto il trullo. E allora il proprietario ha preferito le travi e abbiamo chiuso con le travi altrimenti si facevano, e si fanno tuttora a chi piace, con gli archi in tufi. (…) Prima si fa solamente il muretto; poi se uno vuole fa anche la chiamentatura e ci sono quelle internate e la chiamentatura normale. Io preparavo il cemento, lo buttavo la sera, la mattina con la spatola pulivo tutte le pietre. Nel vecchio sistema non c’era [il cemento]. Infatti tutti i muri che ci sono ancora oggi non sono stati fatti col cemento ma la maggioranza alcuni sono diroccati. Un po’ perché adesso il terreno è stato abbandonato, la zona diciamo è abbandonata, rispetto a 50 anni fa a 60 anni fa è proprio l’opposto. Se si pensa ad esempio che anche i buchi quanto la sedia venivano zappati, le strade, e poi o seminati o piantato piselli, ceci, ecc., ecc. Oggi invece è tutto abbandonato e quindi man mano sti muri non avendo assistenza… perché quando ne cade una, automaticamente cadono l’altre. (…) Praticamente di solito sotto si mettono le pietre un po’ più grosse, ogni tanto una più grossa e poi si incomincia… (…) cioè l’attenzione dove sta? Metterne più di una uguali e poi ogni tanto o così, o a seconda dello spessore, oppure così, in maniera che quando arriva l’altra linea, trova questa di sostegno. (…) Chi fa i muri a secco o i muri in genere, la tecnica sta proprio in questo: saper fare la chiamentatura mai sempre dritta sia verticalmente che orizzontalmente, bisogna ogni tanto rompere la linea in maniera che quando c’è la spinta – se è un muro di sostegno – della terra o del riempimento, si contrastano e non vanno giù. (…) In effetti grazie alla mia tecnica non ho mai, ripeto sono dal ’59, non sono mai andato a riparare i muri che ho fatto. Io mi ricordo da ragazzo quando ho iniziato, dicevo “quando vado in pensione, se c’arrivo, mi faccio le riparazioni” e invece ho fatto solo muri nuovi. Per esempio, per fare un esempio, questa abitazione o il castello o la chiesa princiaple, o il convento, allora non c’era la sabbia che c’è adesso perché non c’erano i mulini, o si prendeva la sabbia quando pioveva e poi ammucchiava – perché allora non c’era l’asfalto – si ammucchiava e poi le persone… io le ho raccolte più di una volta, ma non per me, per fare altri lavori, veniva setacciata e usata sia per l’intonaco o per la pavimentazione. E quindi si usava, chiamato in dialetto (che poi era il terreno rosso) “vòriu”. (…) Era il terreno dopo 1 metro di profondità, naturalmente non viene più chiamato terreno ma “vòriu”, perché? Perché quando si impasta si mischia con la calce principalmente; man mano che si rassecca, diventa sempre più duro e quando pioveva o piov, l’acqua non riesce a penetrarla perché la calce faceva da barriera, come un po’ la plastica oggi (…) impermeabile.»

  • OGGETTO architetture rurali in pietra a secco. pajare e lamioni. tecniche di costruzione
  • CLASSIFICAZIONE LETTERATURA ORALE NON FORMALIZZATA
  • LOCALIZZAZIONE Tricase (LE)
  • INDIRIZZO Piazza Antonio Dell'Abate, Tricase (LE)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le “pajare” o “trulli” rappresentano l’espressione più significativa del rapporto tra uomo e ambiente, il segno più immediato con cui il contadino si è insediato nello spazio rurale. Il procedimento costruttivo presenta poche varianti: scelto il sito, il contadino o l’esperto “truddharo” disegna la planimetria del riparo direttamente sul terreno. Se la roccia è affiorante si spiana per cercare il piano di appoggio e il pavimento, altrimenti si toglie lo strato di terra che copre il banco calcareo e si comincia a costruire i muri perimetrali, che vengono tirati in altezza verticalmente fino a 1,50-2 metri circa. Tra il muro interno e quello esterno si lascia un’intercapedine, la cui ampiezza varia a seconda della grandezza della costruzione. L’intercapedine viene riempita con pietrame più fine e terra. (BIBR: COSTANTINI, 2017, p. 17-19) Negli ultimi anni vi è stato un rinnovato interesse per l'uso della pietra, in particolare come elemento qualitativo nell'architettura e nell'arredamento urbano; si recuperano gli scarti delle cave per costruire muri a secco, fioriere e pavimentazione. (BIBR: ZA, 2001, p. 189)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Modulo informativo
  • AUTORE DELLA FOTOGRAFIA Ricchiuto, Ornella
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 16-ICCD_MODI_2688165121861
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi e Lecce
  • ENTE SCHEDATORE Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'