Ritratto di Cristina di Borboe

dipinto, post 1619 - ante 1629

Il personaggio è rappresentato di lieve tre quarti, a mezzo busto, con taglio all’altezza del punto vita. Porta i capelli raccolti e ornati da gioielli con perle. Pendenti a goccia alle orecchie. Indossa una veste chiusa superiormente da una ampia gorgiera profilata di pizzo. Le maniche a gigot sono tagliate e ornate da filetti, lasciando vedere la camicia sottostante. Lo stesso decoro interessa anche il corpetto. Sul petto pende un doppio giro di perle raccordate al centro del busto da un medaglione romboidale con pietre preziose e tre perle a goccia come pendenti. Sfondo neutro di colore bruno. La tela è posta entro una cornice di formato e luce rettangolare in legno intagliato e dorato. Tipologia a gola. Battuta liscia. Fasce modanate

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 60 cm
    Larghezza: 47.5 cm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Piemontese
  • ALTRE ATTRIBUZIONI ambito francese
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Castello Reale
  • INDIRIZZO Via Francesco Morosini, 3, Racconigi (CN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto propone un’immagine giovanile di Cristina di Borbone, duchessa di Savoia e prima madama reale (Parigi, 1606-Torino, 1663). L’abbigliamento mostra, nella scelta della scollatura chiusa da una ampia gorgiera bordata di pizzo l’adesione alla moda internazionale cosiddetta “alla spagnola”. Non pare da escludere che il prototipo fosse un ritratto inviato alla corte sabauda in occasione della stipula delle trattative matrimoniali tra la principessa e il futuro duca Vittorio Amedeo I. Vale la pena di ricordare che nel 1619-1620 dovette giungere da Parigi il ritratto della principessa eseguito dal pittore di corte Ferdinand Helle che molto colpì la sorella di Cristina, Enrichetta Maria, poi regina di Inghilterra (Baudi di Vesme 1966, vol. II, pp. 576-577). Cristina era figlia del re di Francia Enrico IV e da Maria de’ Medici. Tredicenne giunse in Piemonte come sposa del futuro duca Vittorio Amedeo I, ottenendo tra i doni di nozze la proprietà del castello del Valentino che fu, per decenni, una delle sue residenze predilette e a cui dedicò molte delle sue risorse, parallelamente all’impegno per la dimora collinare presso San Vito, nota poi come Vigna di Madama Reale. Divenuta reggente, nominata dal marito sul letto di morte, per conto del figlio nel 1637, di fatto, governò il ducato ben oltre la maggiore età del figlio (1648), mantenendo il controllo sino alla sua morte, avvenuta nel 1663. Il suo indirizzo in politica estera e nella vita di corte fu dichiaratamente filo-francese. Questa presa di posizione fu uno dei moventi decisivi dello scontro per la reggenza con i cognati Maurizio e Tommaso, di posizioni filo-asburgiche, che sfociò in aperta guerra civile tra il 1638 e il 1640, vedendo contrapposte, anche all’interno della nobiltà, due vere e proprie fazioni, i cosiddetti madamisti e i principisti, e due diverse realtà geografiche, la capitale a favore della duchessa, le grandi città di provincia prevalentemente schierate con i due fratelli. La conclusione del conflitto fu sostanzialmente favorevole al Cristina e il nuovo equilibro raggiunto fu suggellato dal matrimonio della figlia Ludovica con lo zio Maurizio che rinunciò alla porpora. Nozze ambiziose, degne di una principessa che non mancò mai di difendere le prerogative sabaude della sovranità su Cipro, furono combinate per le altre due figlie femmine: Margherita Violante sposò Ranuccio II Farnese e Enrichetta Adealaide il principe elettore di Baviera Massimiliano. Amplissimo fu anche, in piena coerenza con un’immagine di sovranità barocca di tipo francese, il suo mecenatismo e patronato nei confronti di edifici di culto e realtà monastiche, con una particolare attenzione per gli ordini dei minimi, dei carmelitani e dei serviti. La tela è allestita all’interno di una ampia serie iconografica sabauda che include principalmente opere risalenti al XVII secolo, benché esse rappresentino esponenti del casato a partire dall’età medievale. La maggior parte dei dipinti pervennero in questa sede a seguito del dono del castello di Racconigi al principe di Piemonte Umberto di Savoia da parte di suo padre, Vittorio Emanuele III, nel 1929. Il primo volle collocare in questa residenza, analogamente a quanto dispose per i suoi appartamenti in Palazzo Reale a Torino, le sue raccolte di iconografia sabauda e dinastica, con attenzione anche alle famiglie regnanti che, nei secoli, avevano stretto alleanza con Casa Savoia. Queste opere, collezionate a partire almeno dal 1919, pervennero a Racconigi per selezione dall’arredo di altre residenze sabaude dei territori ereditari o acquisite dopo l’unità d’Italia, oppure furono donate o ancora acquistate sul mercato antiquario, o da famiglie dell’aristocrazia piemontese e del territorio nazionale. L’allestimento della Galleria cosiddetta dei ritratti, collocata nel padiglione di levante con prosecuzione nell’attigua galleria dei cardinali, è attestato nell’inventario stilato da Noemi Gabrielli all’inizio del sesto decennio del Novecento
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100399624
  • NUMERO D'INVENTARIO R 5630
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Castello di Racconigi
  • ENTE SCHEDATORE Castello di Racconigi
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • ISCRIZIONI verso, tela, in basso, a destra - R 5630 (giallo) - numeri arabi -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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