Trittico di santa Maria Consolatrice. Madonna con il bambino in trono e le sante Maria Consolatrice e Caterina
Trittico, con cornice intagliata, dorata e dipinta, a predella, diviso da quattro pilastrini scanalati con la parte centrale più larga delle altre. Nello scomparto centrale la Madonna in trono col Bambino benedicente, che tiene nella sinistra un frutto; ai piedi è inginocchiato un offerente. Negli altri due scomparti Santa Maria Consolatrice con il giglio nella destra e la bilancia nell'altra e Santa Caterina coronata, con la ruota e la palma del martirio; nella predella i quattro Dottori della Chiesa e tre storie di santa Maria Consolatrice: il vescovo Annone dona un anello a santa Maria Consolatrice, sua sorella, e la incarica di cercare i corpi dei santi Fermo e Rustico; santa Maria Consolatrice acquista con l'anello le reliquie dei santi Fermo e Rustico; il vescovo Annone compone le reliquie dei santi Fermo e Rustico
- OGGETTO trittico dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a tempera
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ATTRIBUZIONI
Badile Antonio Ii (1424-1425/ 1507-1512)
- LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto è descritto nel "Catastico" di Saverio Dalla Rosa (1803-1804): “(Santa Maria Consolatrice) "Dirimpetto sopra la Porta", che mette nella Sagrestia Altra tavola antica sul legno tripartita con la Vergine sedente col suo bambino, e le Ste: Maria Maddalena, e Catterina Vergine, e Martire dai lati, con quattro mezze figure di quattro Vescovi nei piedistalli delle Colonne, e trà queste tré istorie di copiosa invenzione con figurine ben disposte, e ben dipinte opera rara, e ben conservata del "Monsignori".” (fol.73). Il trittico era finito, come tutti i suoi fratelli, sopra la porta della sagrestia, lasciando l'altare maggiore della piccola chiesa, dove era custodite le reliquie della santa titolare, almeno nel tardo Seicento, sostituito da una moderna raffigurazione di "Maria Consolatrice" dipinta da Santo Prunato, oggi dispersa. Anche in questo caso va ricordata, per la committenza, la forte vicinanza spaziale della chiesa con Santa Cecilia e il Canonicato del Duomo, dove imperava ormai da secoli la dinastia dei Badile. Il fatto che le figure dei dottori della chiesa, collocati nella predella, siano strettissime varianti, se non repliche, della predella di Sant’Elena, ora al Museo canonicale, del 1490, porta inevitabilmente anche quest'opera a quelle date (cfr. Pietropoli 2010, cat. 104). Lo conferma anche la grande vicinanza tra la madonna centrale e quella del canonico Mazzanti, che risale probabilmente alla nomina del committente, nel 1499. La cornice architettonica dipinta è affine a quella del trittico di Santa Cecilia, ma anche a tutte quelle conservate delle opere del gruppo. Pur ammessa quindi ogni possibilità di replica per questo pittore fuori tempo, sembra abbastanza plausibile una collocazione del trittico di Santa Maria Consolatrice nell'ultimo decennio del secolo. Ogni novità di linguaggio, dalla prospettiva ai finti marmi, è portata sul piano decorativo. Antonio Badile II guarda anche lui a Mantegna, ma da troppo lontano, e lo vede inevitabilmente, come giustamente scrive Francesca Rossi, attraverso gli esempi più vicini, ma ormai anch'essi appartenenti al passato, di Francesco Benaglio. La predella è un divertente racconto della storia della santa, che piacque persino al quasi neoclassico professor Dalla Rosa, ma conserva ancora lo spirito favoloso delle storie di Giovanni Badile nella Cappella Guantieri di Santa Maria della Scala. La prospettiva è però ancora un gioco nuovo e affascinante, che non sempre il pittore padroneggia. Nella prima scena laterale è praticamente assonometrica, mentre nelle altre due è molto didatticamente centrale, con le convergenze didatticamente evidenti sul gancio della bilancia e sugli occhi del Santo vescovo Annone. Avevamo già confrontato queste scene con la miniatura delle "Tre donne in conversazione" del manoscritto "Disputation bella agitata fra tre gentildonne" di Lexington, del 1481, che risulta conseguentemente più arcaico. Curiosamente anche la parte maggiore del trittico si risolve in una sacra conversazione di tre donne, da cui il Bambino e l'ancora piccolissimo committente guardano curiosi, esclusi da scale e mondi diversi. Alla data del trittico il fascino della prospettiva compete con quello delle petrose pedane mantegnesche e le tre figure maggiori, con le paraste e il trono di finti marmi variegati poggiano su una base di pietra che sembra nascondere un generico disegno prospettico. Le riflettografie di Spezzani (1987) mostrano il consueto ricco disegno, con qualche piccolo pentimento (Marinelli 1987)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715161
- NUMERO D'INVENTARIO 261
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- ISCRIZIONI nel primo riquadro - S. AVGUST/INVS -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0