Deposizione dalla croce. Deposizione dalla croce
dipinto
1524 - 1524
Bonfanti Liberale Detto Liberale Da Verona (1445 Ca./ 1527 ?)
1445 ca./ 1527 ?
Al centro del dipinto Cristo viene deposto dalla croce da Nicodemo e da Giuseppe di Arimatea. All'evento assistono la Madonna, le pie donne e san Giovanni Evangelista. Sullo sfondo a sinistra, una città fortificata arroccata su una collina
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tavola/ tecnica mista
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ATTRIBUZIONI
Bonfanti Liberale Detto Liberale Da Verona (1445 Ca./ 1527 ?)
- LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
- NOTIZIE STORICO CRITICHE «Era a S. Tommaso cantuariense. L’arciprete D. [Carlo] Galvani la vendette a Simone Basevi, che nel 1866 [6 febbraio] la diede per 50 fiorini al Comune». Così si legge in Trecca (1910 e 1912, p. 25) e nella scheda dell’archivio museale sulla base di atti non rintracciati, in parte confermati dalla corrispondenza tra il podestà de Betta e il conservatore onorario Cesare Bernasconi (AMCVr, anno 1866, 11 e 24 febbraio). Lanceni (1720), Biancolini (1749) e Dalla Rosa (1803-1804) menzionavano una "Deposizione" senza nome d’autore, «opera antica» già situata sul secondo altare "in cornu evangelii". Una nota datata 19 maggio 1894, allegata alla scheda, confermava la provenienza su dichiarazione di un testimone allora più che ottantenne, Giovanni Antonio Zannoni: «l’altare dovea essere sotto l’Organo cioè tra la cappella del Carmine e l’Altare dello Spasimo del Pomedello», nella parete nord del presbiterio cinquecentesco (cfr. l’illustrazione in Segala 1988, p. 28). La chiesa fu demaniata nel 1805 e sconsacrata tra il 1859 e il 1867 (ivi, p. 11). Non sono note le vicende della tavola dopo il 1806 fino all’acquisto del 1866, come si ignorano la commissione, la data e la destinazione originaria nella chiesa carmelitana. L’altare indicato tra il 1720 e il 1806 come sede della "Deposizione" era situato in una campata che fu eretta solo intorno alla metà del Cinquecento. Per di più quell’altare non può essere localizzato proprio «sotto l’organo», se Lanceni nel 1733 (p. 39) vi segnalava due quadri diversi. Esso, tuttavia, doveva trovarsi «vicino» alla cappella a nord della maggiore, come concordano sia Lanceni (1720) sia Dalla Rosa (1803-1804 e 1806). Altra confusione risulta dal testo vasariano del 1568: Liberale «dipinse [...] una tavola [...] per la chiesa di San Tommaso Apostolo» di Verona, chiamata popolarmente San Tomio, dove non risulta un dipinto di tale soggetto (Crosatti 1942). Gli annotatori definirono quel dipinto come perduto. È invece assai plausibile la proposta avanzata da Del Bravo (1959, p. 282; 1967, p. 76) di identificare la tavola menzionata da Vasari con la nostra "Deposizione". Acquistato nel 1866, il dipinto venne esposto con il nome di Liberale nel 1877 (Franco 1877), un’attribuzione accettata da tutti. Avena (1912; 1937; 1947; seguito solo da Tessari 1968) supponeva un'esecuzione giovanile per la scorrettezza del disegno. Ma furono proprio le «forme grosse e sgradevoli» a indurre Bernardini (1902) ad ascrivere l'opera «all'ultima forma che prese l'arte sua», opinione condivisa da Coletti (1953), Pallucchini (1957-1958), Del Bravo (1959), Eberhardt (1974) e Marinelli (1991). Mentre Del Bravo nel 1959 si pronunciava a favore di una data poco posteriore al 1504, anno della consacrazione della chiesa, nel 1964 la riteneva eseguita intorno al 1520. Hans-Joachim Eberhardt (2010, pp. 239-240) osservava, inoltre, che le pennellate tempestose dimostrano una larghezza spesso smisurata e contemporaneamente un'insolita rigidezza del tratto, in un grado mai osservato prima, nemmeno in tavole tarde come il "San Girolamo" (inv.912-1B625) o l'"Ancona Miniscalchi" (inv. 36460-1B3265). Allo studioso parve quindi lecito spostare di qualche anno in avanti l'esecuzione dell'opera, vicino all'"Andata al Calvario" di Pomedello, del 1524, destinata alla stessa chiesa e di simile fattura grossolana. In relazione agli evidenti arcaismi della tavola Harvey E. Hamburgh nella sua tesi (1978) sull’iconografia della "Deposizione dalla Croce" commentava: «Liberale refers back to the tradition seen earlier in Duccio». Non vi è dubbio che Liberale abbia fatto ricorso all’esempio del pannello dipinto dall’artista senese più di due secoli prima come parte della "Maestà" già collocata sull’altar maggiore del Duomo di Siena. Liberale poté studiare l’opera direttamente quando, tra il 1467 e il 1476, lavorò come miniatore per la stessa cattedrale, traendone forse un ‘ricordo’ grafico che gli servì ancora molti anni dopo. Liberale cita Duccio nell’atteggiamento di Cristo e di Maria, anche nell’atto delle braccia senza vita che sembrano abbracciare per l’ultima volta la madre. Variando però la composizione e aumentando così la drammaticità del momento, Liberale permette alla Maddalena di avvicinarsi di più al Redentore e di assumere quindi la funzione di san Giovanni nell’esempio duccesco. Alla tavola senese riconduce inoltre la figura di Nicodemo inginocchiato al piede della croce. Ma mentre il Nicodemo di Duccio è ancora impegnato a smuovere i chiodi a mezzo di tenaglie, quello di Liberale sta estraendo dai piedi l’unico chiodo con il viso alzato e tormentato dal dolore. Ad aumentare l’espressività liberaliana contribuisce il suo maggiore verismo, che spiega perché Giuseppe d’Arimatea è raffigurato come più giovane rispetto a Nicodemo. Questi sembra aver raggiunto proprio l’età del pittore, allora quasi ottantenne, come se egli si identificasse con il personaggio biblico.||||(da Hans-Joachim Eberhardt 2010, pp. 239-240)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715189
- NUMERO D'INVENTARIO 927
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0