Ritratto di Girolamo Savonarola. ritratto di monaco

dipinto 1524 - 1524

Ritratto a mezza figura di trequarti a sinistra di un monaco; nella mano destra, egli tiene una palma avvolta da un filatterio con iscrizione. In basso a destra, un cartiglio con iscrizione

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Bonvicino Alessandro Detto Il Moretto (1498/ 1554)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Benché noto alla critica, il dipinto di Moretto resta misterioso per numerosi motivi, la cui somma impedisce ancor oggi un'esatta decifrazione del suo pieno significato. Continuano ad essere aperti vari problemi, a partire da quello della personalità dell'effigiato. L'identificazione dubitativa con Girolamo Savonarola, avanzata sulla base della somiglianza con altri ritratti certi del predicatore, risale a Da Ponte (1898), ma sono state formulate ipotesi diverse, partendo dall'osservazione che l'effigiato non indossa la veste dei domenicani. Mentre Begni Redona (1988) e Bayer (2004) accettano comunque l'ipotesi che si tratti del frate ferrarese, Guerrini (1986) proponeva il nome del bresciano Innocenzo Casari, generale dei Canonici lateranensi e committente del pittore. Qualche anno più tardi egli fu infatti ritratto da Moretto nella pala raffigurante la "Madonna con il bambino e santi" in San Giovanni Evangelista a Brescia con una fisionomia grifagna e aquilina che presenta qualche somiglianza con questa. Ci sono però elementi che contraddicono l'ipotesi che si tratti di una persona ancora vivente. Non persuade, ad esempio, che un vivente venga raffigurato con la palma del martirio. Questo attributo calza invece con la fama di santità che avvolgeva nel ricordo dei contemporanei di Moretto la figura di Savonarola e con il supplizio da lui subito, equiparato ormai ad un vero e proprio martirio. Né sembra scelta conveniente per un vivente quella di una iconografia come è questa, dove il libro è messo significativamente a guisa di una rigida balaustra-muretto che separa il personaggio dal resto del mondo e l'effigie è codificata in modo volutamente austero da sfiorare perfino un effetto respingente. Sandal (1994) ha proposto in alternativa il nome del francescano bresciano Francesco Lechi detto il Licheto, teologo e professore all'Università di Parigi, divenuto ministro generale dei minori osservanti quando questi si staccarono dai conventuali, morto in Ungheria nel 1520. Indipendentemente dalla veridicità dell'identificazione, andrebbe comunque esclusa la possibilità che il ritratto sia stato eseguito da una maschera mortuaria, come suppone lo studioso, poiché il Licheto morì di peste. Anche in questo caso, la palma del martirio sembra del tutto fuori posto: questo attributo troverebbe giustificazione solo interpretando il dipinto come un ritratto di monaco 'in veste' di martire o 'in veste' dello stesso Savonarola. Nessuna delle due alternative bresciane risulta del tutto convincente anche in virtù della presenza dell'iscrizione IVSTUS VT PALMA FLOREBIT (Salmo 91, 23) che, secondo Sandal, la liturgia collegava ai santi confessori e non ai martiri. Ma più che i riferimenti liturgici converrà in questo caso valutare il senso della citazione, che è una proiezione verso il futuro: la frase suona come una allusione al valore profetico dell'effigiato e nel caso di Savonarola pare un richiamo alla riabilitazione postuma delle sue parole. L'enigmatica scritta che compare sul foglio attaccato alla coperta del libro che l'effigiato tiene davanti a sé potrebbe aiutare a comprenderne l'identità. Nonostante sia molto abrasa, Mariolina Olivari (2010, pp. 434-436) proponeva questa lettura: «Alexandri brixiensis. Illi assimiler aere cui rationalem vitam dedit deus». Pur problematica, secondo la studiosa, la scritta suonerebbe come una dedica in riferimento al personaggio ritratto. Se è vero che la statura teologica dei due bresciani è elemento che in qualche modo la giustificherebbe, il concetto è più che mai valido nel caso di Savonarola. Sebbene si possa chiarire solo parzialmente l'identità del protagonista, Olivari sottolineava che ci sono buone probabilità che si tratti del predicatore ferrarese, anche in virtù del suo rapporto con la città di Brescia, dove si era manifestata per la prima volta la sua vis profetica e dove vari circoli animati dai domenicani ne mantenevano viva la venerazione. Carattere predominante del dipinto è la ricerca evidente di astrazione, tramite la quale viene codificata una personificazione ideologica molto più che una vera e propria analisi di fisiognomica individuale. Una sobrietà 'esemplare' anima l'immagine: l'umana malinconia consueta agli altri ritratti dell'artista soprattutto negli anni venti è assente in nome di una noma superiore che blocca il rapporto psicologico. Il realismo è legato a pochi dettagli che rivelano la matrice lombarda dell'artista, come l'irregolare arricciarsi della carta e il rilievo nodoso delle dita. L'ampio schermo del saio riempie il formato quasi quadrato della tela e solo il viso riceve dall'alto una luce obliqua. In questo austero quadro stilistico, il rapporto con i veneti è però tangibile. L'ultimo Bellini, Giorgione, Tiziano trasmettono a Moretto la materia che si sfarina morbidamente, il contrasto tra i raffinati toni sommessi bruni e grigioverdi e lo squillo rosso della scritta, unico acuto cromatico.||||(da Mariolina Olivari 2010, pp. 434-436)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715235
  • NUMERO D'INVENTARIO 1452
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI sul filatterio attorno alla palma - IVSTVS VT PALMA FLOREBIT - capitale -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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