Santa Caterina da Siena. Santa Caterina da Siena

dipinto 1500 - 1510

Al centro del dipinto, santa Caterina, in abito domenicano, porta una corona di spine sul capo e regge tra le mani un crocifisso e un giglio fiorito. Alle sue spalle, due angeli reggono un drappo broccato rosso e oro, dietro al quale si sviluppa un paesaggio collinare, chiuso sullo sfondo da alte montagne

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Spanzotti Giovanni Martino (1455 Ca./ 1526-1528)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Gli studiosi consultati in previsione del catalogo di Trecca (uscito nel 1912) concordarono nell’attribuire il dipinto all’ambito piemontese: così Frizzoni parlava generalmente di un prodotto di scuola piemontese, mentre Toesca e Berenson si pronunciavano a favore di Defendente Ferrari o di un pittore a lui affine. Max Ongaro preferì invece orientarsi verso la maniera dei Vivarini, ricalcando un’attribuzione di Sinigaglia a Bartolomeo Vivarini con Giovanni d’Alemagna. Rimase isolata la posizione di Suida che accostava la “Santa Caterina” a una tavola del Castello Sforzesco di Milano dipinta su ambedue i lati (n. 366), di produzione lombarda (AMCVr, scheda del dipinto). Stranamente Berenson, che pur aveva espresso il suo parere in favore di Defendente Ferrari già nel 1905, non menzionava il dipinto negli elenchi del 1907; più tardi inserirà la “Santa Caterina” nelle liste defendentesche del 1932 e del 1936, ma l’opera non risulta più presente nell’edizione del 1968, curata da Luisa Vertova. Baudi di Vesme non registrava il quadro di Verona nelle sue fitte schede su Defendente Ferrari, mentre è segno di una certa fortuna negli anni trenta l’esistenza di una fotografia di Mario Sansoni per la Frick Art Reference Library di New York (n. 3587). Nel 1970, Giovanni Romano propose di inserire il dipinto nel catalogo di Martino Spanzotti, opinione contestata da Mallè (1971), ma sostanzialmente accettata dalla critica successiva. Il restauro del 1978 ha restituito al dipinto una trasparenza cristallina e ora il bel paesaggio si allontana prospetticamente, limpido e freddo, dietro il broccato rosso e oro che isola la santa in primo piano. Risultano meglio godibili le lumeggiature sugli alberi, la compattezza e insieme la morbidezza degli incarnati, il candore del velo che getta riflessi sulla guancia destra della santa, la dolcezza pensosa dello sguardo sul crocifisso. Queste acute rilevazioni ottiche e psicologiche, unite alla bella evidenza fisica della figura, quasi una scultura policroma, confermano l’appartenenza del dipinto al corpus di Giovanni Martino Spanzotti, maestro di prospettiva cresciuto in anni di coraggiose esplorazioni sulle apparenze del reale, piuttosto che a Defendente Ferrari, subito prigioniero di una professionalità ineccepibile, ma monotona, costretta in spazi senza respiro e indifferente a controlli diretti sullo spettacoloso dispiegarsi della natura (Romano 2010, pp. 440-441). Il confronto di stile più immediato è con il polittico di Spanzotti per la cappella Dal Ponte in San Francesco a Casale Monferrato (ora variamente disperso), da datare subito prima che scada il secolo quindicesimo (Romano 2004). Alcuni tratti morelliani, quali gli occhi un poco gonfi e segnati o l’insistita acciaccatura del velo, richiamano i prodotti della bottega spanzottiana riuniti intorno all’anonimo polittico per Ambrogio Crivello al Gesù di Casale Monferrato, databile poco oltre il 1502. La “Santa Caterina” ora a Verona potrebbe quindi collocarsi negli anni iniziali del Cinquecento, subito dopo l’edizione aldina delle "Epistole devotissime" della santa (Venezia, 15 settembre 1500): qui appare una bellissima xilografia che poteva essere servita come modello iconografico per il dipinto di Castelvecchio (per gli attributi iconografici si veda Giunta 1983-1984). Un ulteriore dettaglio orienta la datazione sui primi anni del nuovo secolo: si tratta della coppia di angeli, in atto di reggere il broccato alle spalle della santa, singolarmente abbigliati e pettinati all’antica, in aperto contrasto con quanto era consueto per Spanzotti e la sua bottega (si vedano a confronto gli angeli della “Madonna” ora nel Museo Mayer van den Bergh ad Anversa). Secondo Romano (2010), il pittore avrebbe confessato in questo modo qualche attenzione alla breve stagione del classicismo ‘cortigiano’ che, a Casale, conobbe una occasione pubblica nel 1502, per le nozze di Guglielmo Paleologo. (da Giovanni Romano 2010, pp. 440-441)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715236
  • NUMERO D'INVENTARIO 1006
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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