Polittico della Passione. flagellazione di Cristo

polittico dipinto 1517 - 1517

Al centro del dipinto, Gesù è ritratto a figura intera legato alla colonna tra due aguzzini; quello di sinistra, con la frusta alzata, sta per colpirlo, quello di destra lo sta legando alla colonna

  • OGGETTO polittico dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
    tela/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Morando Paolo Detto Cavazzola (1486/ 1522)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La cappella Avanzi o della Croce in San Bernardino fu edificata tra il 1492 e il 1497 per rispettare le volontà testamentarie di Bartolomeo Avanzi, che volle esservi sepolto insieme alla moglie Caterina Boldieri (Dianin 1981, pp. 115-116). Nel 1517 la Compagnia della Croce, che la officiava, decise di collocare cinque episodi della "Passione di Cristo" sulla parete di fondo, a corona della "Crocifissione" di Francesco Morone che campeggiava sull'altare dal 1498, la quale fu innalzata e inserita in una complessa incorniciatura lignea. Per quale motivo non fosse chiamato nuovamente Francesco Morone, ma il suo più giovane allievo e socio Paolo Morando, non è facile spiegare. Probabilmente giocarono ragioni di natura sociale e religiosa, più che strettamente artistica: nell’ottobre 1517, infatti, Morando si era associato alla Confraternita del Corpo di Cristo, fondata pochi mesi prima dal predicatore francescano Girolamo Auricalco, fratello di Bonavenura, il guardiano del monastero, forse non a caso raffigurati entrambi nelle tavole aggiunte alla predella. La "Flagellazione" costituiva, assieme all’"Orazione nell’orto" (n. inv. 1395-1B390), la "Deposizione dalla croce" (n. inv. 1396-1B0392), l’"Incoronazione di spine" (n. inv. 1394-1B308), la "Salita al Calvario" (n. inv. 1397-1B394), ed i "Santi" della predella (san Bonaventura 1398-1B0294, san Giuseppe 1399-1B0293, san Giovanni Battista 1400-1B0292, beato Bernardino da Feltre 1401-1B0295, san Francesco 291-1B285 e san Bartolomeo 1448-1B0285, quest’ultime due di Francesco Morone) parte del monumentale ciclo pittorico che fu ulteriormente arricchito negli anni successivi con altre tele di Giovan Francesco Caroto, di Nicola Giolfino, di Antonio Badile e del giovanissimo Paolo Caliari. Esso rimase al suo posto fino al 1851, quando la chiesa di San Bernardino, in considerazione anche della sua posizione strategica lungo le mura, fu adibita a magazzino dal Genio militare austriaco e molti dei dipinti che la arricchivano furono collocati in deposito temporaneo presso la Pinacoteca civica. Pochi anni dopo, nel gennaio 1857, durante una sua visita a Verona, l’imperatore Francesco Giuseppe ebbe occasione di ammirare un gruppo di quadri attribuiti a Paolo Morando (ma tra essi anche la Lavanda dei piedi e i due santi di Francesco Morone) in una sala appositamente allestita di palazzo Pompei. Il Municipio, che aveva organizzato l’esposizione, si affrettò a inoltrare una supplica affinché quei dipinti di proprietà erariale fossero definitivamente concessi alla Pinacoteca. La richiesta fu accolta da Sua Maestà con decreto imperiale del 12 febbraio 1858, cosicché quando San Bernardino fu restituita ai francescani e riaperta al culto essi non ritornarono più ai loro altari, dove furono sostituiti da copie fedeli dipinte nel 1863 da Angelo Recchia (Avena 1907, pp. 49-50). Non c’è dubbio che con quest’opera, a poco più di trent’anni, Paolo Morando raggiunse la piena maturità d’artista, emancipandosi dalla tutela di Francesco Morone e ponendosi con autorevolezza come uno dei protagonisti della pittura veronese di primo Cinquecento. Gianni Peretti (2010, pp. 452-454), nella scheda del catalogo dei dipinti di Castelvecchio, si soffermava in particolare sullo sfondo della tela centrale dove, inquadrata da due convenzionali quinte rocciose, si apre una precisa veduta di Verona tra l'Adige e il colle di San Pietro, con il castello visconteo, il convento di San Girolamo, le casupole affollate sull'area del Teatro Romano. Morando risolse le altre scene della Passione con impaginazioni semplici ma efficaci, limitate a pochi personaggi principali, sforzandosi di superare la staticità e la durezza quasi da intagliatore del suo maestro e proponendosi come il primo pittore veronese in grado di realizzare scene d'azione di grandi dimensioni, benché ancora molto stilizzate (Marinelli 1996, p. 376). Come sottolineato da Peretti (2010), per ottenere questo scopo, egli ricorse con disinvoltura a qualsiasi modello disponibile. Per l'episodio dell'"Orazione nell'orto", ad esempio, riprese molto liberamente l'incisione che apre la serie della "Passione di Cristo" di Martin Schongauer. Anche l'"Incoronazione di spine" rivela la conoscenza del corrispondente foglio di Schongauer, seppure in modo meno esplicito, a testimonianza di un'assimilazione più profonda del modello. (da Gianni Peretti 2010, pp. 452-454)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715239
  • NUMERO D'INVENTARIO 1392
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI sul basamento della colonna - PAVLVS P - capitale -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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