Predella del polittico della Passione. San Giovanni Battista

predella dipinta 1517 - 1517

Il dipinto raffigura san Giovanni battista ritratto a busto intero di trequarti a sinistra. Sulla spalla sinistra poggia il crocifisso e, con la mano destra alzata, indica il cielo

  • OGGETTO predella dipinta
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Morando Paolo Detto Cavazzola (1486/ 1522)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le tavole raffiguranti "San Bonaventura" (n. inv. 1398-1B0294), "San Giuseppe" (1399-1B0293), "Beato Bernardino da Feltre" (n. inv. 1401-1B0295) e la presente tavola con "San Giovanni battista" andarono ad affiancare, due per parte, il "San Francesco" e il "San Bartolomeo" di Francesco Morone (n. inv. 291-1B0285, 1448-1B0285) quando, nel 1517, Paolo Morando fu incaricato di realizzare cinque tele con episodi della Passione di Cristo destinate a incorniciare la "Crocifissione" dello stesso Morone sulla parete di fondo della cappella appartenente alla famiglia Avanzi (ma gestita dalla Compagnia della Croce) nella chiesa dei minori osservanti di San Bernardino. Questa mirabile serie di santi e beati, all’evidenza altrettanti ritratti, ne costituiva la predella. La sorte i queste tavole è legata a quella delle altre opere di Morando provenienti da San Bernardino, depositate presso la Pinacoteca civica nel 1851 e definitivamente concesse al Comune dall’imperatore Francesco Giuseppe nel 1857. In un verbale di restauro del novembre 1857, le tavole sono descritte complessivamente in buona condizione, benché troppo «fregate» nei volti, con piccole mende sparse e alcune parti ridipinte, soprattutto nelle vesti. Giorgio Vasari, che attraverso il suo informatore veronese Marco de’ Medici poteva attingere a notizie di prima mano, ci tramanda i nomi di alcuni dei personaggi effigiati. A impersonare il beato Bernardino da Feltre è fra Girolamo Recalchi (o Auricalco), predicatore apostolico dell’ordine dei minori osservanti, che nel maggio 1517 aveva fondato la Confraternita del Corpo di Cristo (detta anche dei santi Siro e Libera, dal nome della chiesa che ne era diventata la sede). A questa società devota aderirono lo stesso Morando (nell’ottobre 1517) e più tardi il suo maestro Francesco Morone (nel febbraio 1521), che su incarico dei confratelli dipinse due pale d’altare per la chiesa. Poco dopo il frate dovette allontanarsi da Verona, essendo stato eletto a rappresentare il monastero di San Bernardino nel Sinodo della religione francescana che si teneva a Roma (Salvaro 1881, p. 16). Il suo profilo araldico e stilizzato, unico esempio del genere in tutta la serie, si spiega quindi come un ritratto in absentia, dipinto a memoria, elusivo ma anche soffuso di un calore umano che invano cercheremmo nelle altre immagini. Fra Bonaventura Recalchi, fratello di fra Girolamo e guardiano (cioè priore) del monastero, presta a san Bonaventura non solo i lineamenti, magistralmente modulati da una luce antonellesca, ma anche le sue certezze di uomo di fede, di cultura e di potere. Lo riconosciamo, benché girato di profilo, ancora nei panni di Bonaventura da Bagnoregio, tra i santi accampati al proscenio della "Pala delle Virtù" (n. inv. 1410-1B0335). La testa di san Giuseppe, invece, «è il ritratto d’un agente de’ marchesi Malespini, che allora aveva carico dalla Compagnia della Croce di far fare quell’opera». Il libro e il compasso denotano le competenze culturali certo non comuni del personaggio (si è pensato a un architetto: Marinelli 1996, p. 379), al quale purtroppo non sappiamo dare un nome. Anche lui ritorna nella pala del 1522, un po’ più stempiato, un po’ più stanco, a rappresentare san Eleazaro. Il giovanissimo san Giovanni battista è l’unico di cui Vasari non ci dica nulla, ma probabilmente si tratta dello stesso modello che incarna il Cristo nelle tele della Passione. A titolo informativo, Gianni Peretti (2010, pp. 455-456) ricordava che Paolo Morando aveva un fratello di nome Giovambattista, a cui l’anagrafe del 1517 attribuisce 23 anni, che potrebbe aver posato per lui in questa occasione: si può notare infatti una certa somiglianza tra questo volto e l’autoritratto del pittore nella "Deposizione", a partire dal pelo rosso di entrambi. Le tavole della predella testimoniano delle notevolissime capacità ritrattistiche di Paolo Morando, che troveranno la loro più compiuta espressione negli astanti della "Pala della Virtù" e in alcuni dipinti autonomi: il ritratto femminile di Bergamo, i ritratti maschili di Praga e Dresda, il doppio ritratto degli Uffizi (il cosiddetto "Gattamelata"), da collocare tutti negli ultimi cinque o sei anni della vita del pittore, al culmine di un processo di tumultuosa crescita artistica bruscamente interrotto dalla morte. (da Gianni Peretti 2010, pp. 455-456)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715243
  • NUMERO D'INVENTARIO 1400
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI in alto a sinistra - ECCE/ AGNVS/ DEI - capitale -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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