Annunciazione dell'Oloferne. Madonna annunciata

anta di organo 1508 - 1508

Il dipinto raffigura la Vergine annunciata in piedi sotto un porticato in stile dorico, con la mano destra sul petto e nella sinistra un libro. Nel plinto in primo piano, si individua un bassorilievo raffigurante Giuditta con la testa di Oloferne. In alto a sinistra, lo Spirito santo in forma di colomba discende verso la Madonna. Sul fondo a sinistra, un roseto

  • OGGETTO anta di organo
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Bonsignori Girolamo (1472 Ca./ 1529)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le ante d'organo con l'Annunciata e l'angelo annunziante (inv. 1502-1B812), dette anche «Annunciazione dell’Oloferne» per la raffigurazione di Giuditta con la testa mozzata di Oloferne nel bassorilievo che orna il basamento della prima colonna del loggiato presso il quale la Vergine accoglie l’annuncio, sembrano provenire dalla chiesa domenicana di San Pietro Martire di Murano, come attestavano scritte apposte sul retro, benché non sia nota documentazione diretta riguardante la loro collocazione originaria e non risultino elencate tra i dipinti veneziani demaniati (Marinelli 1987, p. 123). Compaiono a Verona alla fine dell’Ottocento nella collezione di Antonio Pompei, che presumibilmente le acquisì dall’antiquario Luigi Montini, e nel 1892 vennero donate al Museo. Si deve a Sergio Marinelli l’attribuzione a Girolamo Bonsignori, frate domenicano, che corregge la precedente a Francesco Caroto risalente a Bernard Berenson. La ricostruzione della fisionomia di Girolamo Bonsignori si è andata precisando negli ultimi decenni. Il suo catalogo, pur ristretto a pochi numeri, appare sufficientemente coerente, benché sia difficile ricavare un ordine cronologico. L’elenco steso in un primo tempo da Marinelli (1987) è integrato dallo stesso (1996b) con una "Madonna col bambino e san Giovannino" nell’Ottocento nella collezione mantovana di Alessandro Nievo e ora al Louvre, mentre un definitivo contributo chiarificatore è giunto da una "Adorazione dei pastori" (Sotheby’s, New York, 16 aprile 1996, n. 15) riportata a Girolamo da Andrea De Marchi (Sotheby’s, New York, 17 ottobre 1997, p. 75), vera summa dell’opera del pittore, con chiarissimi e indiscutibili riferimenti alla celebre "Cena" tratta da Leonardo che Bonsignori dipinse per il refettorio dell’abbazia benedettina di San Benedetto Po in Polirone, unica opera superstite tra quelle menzionate da Vasari. Sembrano così fugati i dubbi e le incomprensioni che avevano portato a distribuire le opere del pittore tra Correggio, Francesco Caroto, Zenone Veronese e Lotto, con il recupero di una ben definita personalità che caratterizza soprattutto la realtà mantovana tra la morte di Mantegna e l’affermazione di Giulio Romano. Nonostante qualificati interventi è certo questo un periodo ancora bisognoso di studi e precisazioni per la varietà di linguaggi e orientamenti praticati da numerosi artisti in un momento in cui manca una personalità dominante. Punto di passaggio di numerosi pittori (Agosti 1995, p. 67), Mantova rimane tuttavia stabilmente controllata soprattutto da Leonbruno, Gianfracesco Tura, Lorenzo Costa con il figlio Ippolito e i fratelli Bonsignori. Mentre Leonbruno tenta senza successo un aggiornamento delle sue matrici mantegnesche con la pittura centroitaliana, Tura sembra contenere la sua vena nordica e anticlassica con un anonimo classicismo di maniera orientandosi verso Lorenzo Costa; Ippolito Costa porta alle estreme conseguenze la tradizione paterna approdando quindi al manierismo giuliesco; rimangono vicini alla cultura veronese del primo Cinquecento i fratelli Bonsignori. Oltre alla varietà di stimoli confluenti nella città gonzaghesca, Girolamo riflette come sua particolare peculiarità l’innesto di elementi leonardeschi, sicuramente appresi a diretto contatto con le opere del maestro. Nelle ante di Castelvecchio Marinelli legge «ricerche di sfumato di lontana origine leonardesca» nel paesaggio di fondo dell’angelo, di cui pure il gesto dell’annuncio appare «di voluta evidenza leonardesca». Rapporti con opere veronesi sembrano soprattutto far capo a Caroto, all’affresco dell’"Annunciazione" di San Girolamo datata 1508, dove il monocromo con David con la testa di Golia è citato nell’analogo dettaglio del pilastrino scolpito dell’"Annunciata" di Bonsignori, tanto da poterne arguire un termine cronologico post quem. Il motivo riappare in altre opere del frate domenicano, nel basamento delle colonne dell’affresco che inquadrava la tela della "Cena" nel refettorio di San Benedetto Po (Abramo e Isacco) e nella già citata "Adorazione dei pastori" (ancora Giuditta e Oloferne); nelle stesse due tele si ritrovano nello sfondo paesaggi 'leonardeschi' - alterato quello della "Cena" a San Benedetto Po - entrambi confrontabili con quello dell'anta con l'angelo annunciante. Congruenti sono le tipologie delle figure, con l'ovale dolce e levigato della Vergine trattato come quello di san Giovanni nella "Cena", e l'espressione perplessa dell'angelo che rammenta quelle più gravemente accigliate degli apostoli e di san Giuseppe nell'"Adorazione dei pastori" Sotheby's. La qualità pittorica delle ante muranesi appare sostenuta e forse, oltre al suo interesse 'veronese', concorse a determinarne l'acquisto il ritmo fluente dei panneggi delle figure, così vicino alla sensibilità simbolista tardo ottocentesca, unito al colore brillante e deciso che non disdegna accordi inconsueti fino all'uso di audaci cangianti. (da Renato Berzaghi 2010, pp. 362-363)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717817
  • NUMERO D'INVENTARIO 1503
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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