Battesimo di Cristo. Battesimo di Cristo

dipinto ca 1600 - ca 1600

Pittura ad olio su tela

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA rame/ pittura a olio
  • AMBITO CULTURALE Ambito Veneto
  • ATTRIBUZIONI Verona Maffeo (1574 Ca./ 1618): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Accademia dei Concordi
  • LOCALIZZAZIONE Accademia dei Concordi
  • INDIRIZZO Piazza Vittorio Emanuele 14, Rovigo (RO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Non è purtroppo possibile né datare né validare per certo l’iscrizione sul verso del dipinto. Tuttavia, è sicuro che l’opera sia giunta nelle collezioni Silvestri entro il 1793, anno in cui Bartoli ne menziona l’esistenza e certifica l’attribuzione a Tiziano: “Lo stimatissimo Quadretto dipinto sul rame mezzo tondo in alto, esprimente una amenissima vista del fiume Giordano, entro di cui entrato Gesù Cristo con San Giovanni Battista, che gli versa l'acqua colla destra mano sul Capo presenti due graziosi Angeli collo Spirito Santo in alto attorniato da Serafini, e sulla riva del fiume l' Agnello del Battista, che si disseta, è pregiatissima operina di Tiziano Vecellio da Cadore”. Il quadro stranamente non viene ricordato nell’inventario del 1930, né nelle guide della Pinacoteca del 1931 e del 1953. Romagnolo (1981) lo attribuisce alla scuola di Tiziano, mentre Lucco (1985) ad un anonimo maestro della fine del Cinquecento, indicando la vicinanza alla maniera di Maffeo Verona. Nessuno si è ancora accorto, in realtà, che l’opera è liberamente tratta dai “Battesimi di Gesù” di stampo veronesiano di Luigi Benfatto, detto Alvise da Friso, in particolar modo quella oggi conservata presso l’altare di San Giovanni della chiesa di S. Caterina di Chioggia, datata 1600 circa. L’anonimo maestro del quadro rodigino ha probabilmente visto anche il celebre dipinto lungo la navata presso San Nicolò dei Mendicoli a Venezia, datata 1590-1600, e forse anche un altro dipinto – la cui attribuzione prevalente è al Friso (come indicato da Larcher Crosato (1977)) – oggi nel coro della chiesa di San Giovanni Crisostomo a Venezia (collocabile nei primi anni del Seicento), da cui può essere stato mutuato il dettaglio della mano da cui cade l’acqua, anziché la canonica scodella. Sebbene l’impaginazione risulti ascrivibile agli esiti del Benfatto, lo stile rende improbabile l’esecuzione da parte dello stesso autore: forse risulterebbe più opportuno una ricerca all’interno della bottega dell’artista. Tra i pochi nomi di pittori legati alla sua officina (come Matteo Ingoli), quello più probabile risulta essere proprio Maffeo Verona (che poi erediterà la bottega del maestro). Sebbene Lucco (1985) abbia ragione nel sottolineare la qualità inferiore rispetto allo standard del pittore, è pur vero che lo stile richiama alla sua produzione (anche nei più minuti dettagli, come la fisionomia dei volti), soprattutto alla serie dei “15 Misteri del Rosario” oggi al Museo diocesano d'arte sacra e gallerie del Tiepolo di Udine. In origine, i dipinti appartenevano all'altare della “Madonna del Rosario”, collocato nella chiesa domenicana di San Pietro Martire a Udine (l’ordine era un grande sostenitore della pratica del Rosario). Cavalcaselle vide i dipinti nel 1876, poco prima della loro rimozione, avvenuta probabilmente durante il ventennio successivo. L'attribuzione a Maffeo da Verona, avanzata da Someda De Marco (1970), si basa sul confronto con le successive opere realizzate per il Duomo e per la chiesa delle Zitelle (1610) di Udine e con la serie di piccoli dipinti raffiguranti episodi della “Vita della Vergine” commissionato da Monsignor Paolo Tiepolo, dal 1582 fino alla morte decano del Capitolo di Aquileia, e donati alla medesima chiesa per legato testamentario. La qualità minore rispetto agli standard del Verona e i numerosi rimandi ad Alvise da Friso permettono di immaginare almeno due casi parimente plausibili: collocare il dipinto nella primissima attività del pittore, cioè nel periodo di formazione entro la bottega del maestro, oppure riferire l’opera in parte anche a qualche aiuto della sua bottega. In entrambi i casi, si è fortemente limitati dalle esigue informazioni di contesto. Per quanto riguarda la prima ipotesi, nonostante due commissioni datate – l’ “Assunzione della Vergine” del 1600 circa per la chiesa parrocchiale di Varago e la “Crocefissione” del 1604 presso la chiesa di San Stae a Venezia – è probabile che il Verona non avesse ancora raggiunto a quelle date l’autonomia. Forse si può collocare il quadro su rame proprio intorno al 1600 circa, poiché esso mostra in potenza lo stile di Maffeo Verona, ancora in parte incerto e fortemente legato alla lezione dell’ultimo Veronese, filtrata dalle opere del Benfatto. In quest’ottica, pur non potendo sostenere la validità dell’iscrizione sul retro, è più plausibile che una delle prima opere del Verona possa essere stata un quadro di piccolo formato per uso devozionale per un convento veneziano. Nel secondo caso, invece, sarebbe più arduo collocare cronologicamente l’opera e ancor di più circoscrivere l’operato degli aiutanti, di cui non siamo praticamente informati, ad eccezione di vaghi riferimenti al figlio Agostino, lodato da Ridolfi (1648, p. 150)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà mista pubblica/privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500730566
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Accademia dei Concordi
  • ISCRIZIONI Verso, al centro - Il P.te Quadro lo possedeva la Nob. D.a Chiara Maria Zen nel Monas.o di S. Biagio della Giudecca e la med.ma lo regalò ad una Religiosa di S. Dom.co pur in Venezia e q.sta lo regalò a Suor Felice Ferrarese di Venezia Religiosa nel Convento di S. Dom.co di q.sta città acq.to 1791: /Il p.nte è di Tiziano - corsivo -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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