Comunione degli apostoli
dipinto
1473/ 1476
Giusto Di Gand (attribuito)
notizie 1460-1475
Berruguete Pedro (1450 Ca./ Ante 1504)
1450 ca./ ante 1504
tavola dipinta
- OGGETTO dipinto
-
MATERIA E TECNICA
tavola/ pittura a olio
-
MISURE
Altezza: 288 cm
Larghezza: 320,6 cm
-
ATTRIBUZIONI
Giusto Di Gand (attribuito): pittore
Berruguete Pedro (1450 Ca./ Ante 1504)
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Nazionale delle Marche
- LOCALIZZAZIONE Palazzo ducale
- INDIRIZZO Piazza Rinascimento, 13, Urbino (PU)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La pala d'altare, proveniente dall'Oratorio del Corpus Domini di Urbino, fu inizialmente commissionata a Paolo Uccello; il pittore realizzò soltanto la predella con il "Miracolo dell'ostia profanata" che originariamente completava l'opera, tra gli anni 1467-1468. Successivamente l'incarico passò a Piero della Francesca e poi a Giusto di Gand di cui sono documentati i pagamenti nel 1473 e 1474. La scelta di un pittore fiammingo è probabilmente legata alle preferenze artistiche di Federico da Montefeltro, testimoniante anche da noto passo di Vespasiano da Bisticci: "un maestro solenne", particolarmente esperto nella pittura ad olio, fatto venire dalla Fiandre. Le vicende esecutive si sono recentemente arricchite grazie alla scoperta di un disegno del 1632, eseguito da Gabriel Naudé e conservato presso la Bibliotèque nationale di Parigi, che documenta come il dipinto recasse la firma, oggi non più visibile, "Petrus Hispanus pinxit" (parte della critica lo identifica come il pittore Pietro Spagnolo, mentre gran parte della critica come Pedro Berruguete). Non è dato però sapere se all'opera, iniziata da Giusto di Gand - di cui non si hanno attestazioni urbinati dal 1474 - abbia messo mano anche il pittore spagnolo (non oltre il 1476, vedi i vari saggi in Bottacin 2021). La tavola raffigura il tema dell'istituzione dell'eucarestia nota anche come comunione degli apostoli: si tratta di un tema figurativo piuttosto insolito nell'arte occidentale, un'iconografia di origine bizantina, in cui si privilegia la trasposizione rituale dell'evento piuttosto che l'illustrazione del testo biblico. Cristo è ritratto al centro della scena, davanti al tavolo eucaristico, nell'atto di dare la comunione ai dodici apostoli disposti attorno a lui in semicerchio: alla sua destra si riconoscono Pietro, il quale sta ricevendo l'eucarestia, Giovanni, con un'ampolla in mano, e Giuda, col tallit giallo, che stringe la borsa dei denari. A destra della tavola si trova un gruppo di personaggi in abiti rinascimentali, tra cui sono identificabili Federico da Montefeltro, il figlio Guidobaldo e probabilmente Battista Sforza: il duca, accompagnato da dignitari, appare impegnato in un colloquio con un personaggio in abiti orientali; da una sorta di nicchia si scorge una donna, verosimilmente Battista Sforza, che tiene in braccio Guidobaldo neonato. La scena è ambientata in una sorta di abside gotica con colonnine policrome, oculi e vetrate; lo spazio presenta anche due aperture ai lati sul paesaggio. Due angeli in volo, in atteggiamento di preghiera, sovrastano la scena. Si possono notare alcuni elementi simbolici sulla mensa-altare come il calice e il vino (che alludono all'eucarestia) e l'ampolla d'acqua con la saliera (richiamo al battesimo); altri elementi allusivi si trovano ai piedi del Cristo, dove troviamo una brocca e un bacile, chiaro richiamo alla lavanda dei piedi. Il personaggio ritratto in abiti orientali potrebbe essere identificato come l'ambasciatore di Persia presso il Ducato di Urbino, il medico ebreo Isaac, convertitosi e battezzato da papa Sisto IV. La complessa iconografia della pala, unitamente alla predella, mostrano non solo un chiaro intento devozionale verso l'Eucarestia, insita nella denominazione della committenza, ma anche un chiaro riferimento politico all'accesa polemica antiebraica: l'ebreo profanatore dell'ostia raffigurato nella predella è riscattato dall'ebreo convertito nella pala principale. Recentemente è stato ipotizzato che la pala sia anche legata alla cresima di Guidobaldo, officiata a Gubbio nel 1472 dal cardinal Bessarione, scomparso pochi mesi dopo: è plausibile che il duca abbia voluto ricordarne la memoria tramite il riferimento alla cresima del figlio, vista anche come un'esaltazione della triade dell'iniziazione cattolica secondo i precetti di San Tommaso. Sul piano stilistico la pala presenta alcune difficoltà compositive e una certa sproporzione dei personaggi, forse dovute alla difficoltà di un grande formato piuttosto inusuale per un pittore fiammingo; rimandano invece alla tradizione nordica la resa analitica dei dettagli e l'abilità coloristica, oltre che la resa dei due scorci di paesaggio sfumati in profondità. La pala stazionò nella Chiesa del Corpus Domini almeno fino al 1708, quando papa Clemente XI ordina alla confraternita di abbandonare la sede per poter rimaneggiare tutta l'area e costruirvi un grande edificio per l'ordine degli Scolopi. Intorno al 1725 la pala si trovava nel Refettorio degli stessi padri, passando probabilmente tra il 1731 e il 1732 all'altare maggiore della nuova chiesa di Sant'Agata ad Urbino, afferente al collegio dell'ordine. La pala entrò infine nel museo dell'Istituto delle Belle Arti delle Marche di Urbino (dal 1912 Galleria Nazionale delle Marche) tra il 1866 e il 1867
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
-
CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente religioso cattolico
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1100264132
- NUMERO D'INVENTARIO 1990 DE 230
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Galleria Nazionale delle Marche
- ENTE SCHEDATORE Galleria Nazionale delle Marche
- DATA DI COMPILAZIONE 2011
-
DATA DI AGGIORNAMENTO
2024
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0