paesaggio con scena di caccia

dipinto 1895 - 1895

Dipinto realizzato a olio su tela, montata su telaio ligneo espandibile, con incastri di tipo tenone mortasa a 1/3 di spessore, dotati di biette lignee, inserito in cornice lignea modanata e dorata.\nRaffigura un ampio paesaggio che si perde all'orizzonte con scena di caccia che si svolge in primo piano; i dettagli della vegetazione in primo piano sono resi con maestria, non scadendo nel calligrafismo, ma utilizzando i particolari floreali per creare un impasto pittorico che impreziosisce l'intera composizione, ampliando la gamma di verdi, che richiamano a una luce solare diffusa.\nLa figura umana è tratteggiata senza divenire semplice e banale macchietta, quindi non è eseguita in funzione meramente decorativa; resa realistica della rappresentazione, il paesaggio è umanizzato e non idilliaco. \nIl tono cromatico generale della raffigurazione è intriso di quella luce calda e diffusa che esalta ogni porzione dell'opera.\n

  • FONTE DEI DATI Regione Lombardia
  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Ferrari, Giovanni Battista (1829-1906)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE
  • LOCALIZZAZIONE Casa Macchi
  • INDIRIZZO piazza Sant'Ambrogio, 2, Morazzone (VA)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Giovanni Battista Ferrari nacque a Brescia il 13 ottobre 1829 da Giovan Battista e Cecilia Frigerio, primo di sei figli.\nIl padre era nativo di Caldes in Val di Sole, la madre bresciana. Le radici solandre influirono sulla sua opera sia per la scelta dei soggetti sia per il colorismo del suo stile e lo portarono a creare veri e propri archetipi pittorici più volte replicati.\nIn gioventù, per le sue disagiate condizioni economiche, in seguito alla morte del padre (1843), e per il suo impegno politico, svolse altre professioni; la sua fede risorgimentale lo portò all'incontro con patrioti quali A. Frigerio e il conte G. Martinengo, con cui partecipò alle Dieci giornate di Brescia e alla seconda guerra d'indipendenza. Nel 1855 si iscrisse alla scuola comunale di disegno e pittura di Brescia, diretta dal pittore G. Rottini, scuola in cui più tardi ricoprì l'incarico di maestro d'architettura. Vincitore della pensione triennale assegnata dal Legato Brozzoni, si iscrisse nel novembre del 1856 all'Accademia di Brera, frequentando con M. Bianchi il corso di figura diretto da G. Sogni, quello di pittura dall'antico e quello di paesaggio diretto dal pittore sassone A. Zimmermann, esponente di spicco della pittura romantica tedesca di paesaggio.\nQuesta corrente artistica, allora in auge nell'ambiente artistico milanese, esercitò una decisiva influenza sulla pittura del Ferrari, che però seppe superare gli aspetti di maniera.\n\nDal 1857 iniziò un'intensa attività artistica che lo portò a conseguire, nel 1860, un premio da parte dell'istituzione Girotti e a partecipare costantemente alle periodiche esposizioni della Società promotrice di belle arti di Torino (1859-62, 1867, 1869-75, 1877-80, 1888) e dell'Accademia di Brera a Milano (1858-61, 1865-81, 1883-86, 1888, 1892, 1894, 1896-97. Il Ferrari, che si autodefinì pittore paesista, dipinse costantemente i luoghi più suggestivi delle terre lombarde, i laghi, la campagna della Brianza, la città natale e quella di adozione, Milano, dove si stabilì soltanto nel 1872, riproponendo però di continuo anche gli scorci di quella Val di Sole che aveva dato i natali al padre emigrato.\nIl realismo e il pragmatismo della sua pittura si intrecciarono armonicamente con la predominante cultura romantica che permise all'artista di esprimere pienamente le seduzioni e il fascino dei sentimenti; la natura da lui dipinta non fu mai idilliaca, statica, ma colta nella sua quasi impercettibile esistenza quotidiana, popolata di gente operosa che non è mai ridotta a puro espediente pittorico.\nNel 1861 partecipò con tre opere alla prima Esposizione italiana di Firenze e nell'estate del 1862 si recò con la consorte bresciana Angela Binetti a Londra in occasione dell'Esposizione internazionale, a cui partecipò con il quadro Le rive del Mella. Lasciata l'Inghilterra nel 1863, dopo profonde delusioni artistiche, si recò a New York e forse in America Latina alla ricerca di una improbabile fortuna artistica. Del periodo americano vi sono scarse tracce documentarie se si fa eccezione per alcune opere che raffigurano New York.\nIl 20 maggio 1865 tornò in Italia e a Brescia divenne maestro del pittore F. Rovetta, a cui insegnò i primi rudimenti dell'arte pittorica; con lui raffigurò - nelle frequenti escursioni artistiche - luoghi suggestivi come la Val di Ledro. Dal 1865 al 1867 divenne "maestro assistente" alla scuola di disegno annessa alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Le sue simpatie politiche per Garibaldi lo spinsero a rievocare le gesta garibaldine in Trentino durante la terza guerra d'indipendenza nel dipinto Valle di Bezzecca, guerra del 1866 (firmato e datato 1873, Brescia, coll. priv.). Il Ferrari però non aderì mai alla corrente patriottica del verismo pittorico lombardo, così come non abbracciò i nuovi contenuti artistici della scapigliatura milanese, con cui pure fu in stretto contatto.\nDal 1869, anno in cui divenne socio onorario del R. Istituto di belle arti di Urbino, iniziò il ventennio della maturità e della massima produzione pittorica. Nel 1870 vinse il primo premio Mylius all'Esposizione braidense con un paesaggio storico e nel 1873 inviò due opere all'Esposizione universale di Vienna. Il Ferrari operò costantemente tra Milano e Brescia, dove, nel 1876, aderì all'Associazione Arte in famiglia, fondata da C. Manziana e dal suo ex allievo F. Rovetta; con essa partecipò alla prima Esposizione internazionale di Roma nel 1883 e a quella bresciana del 1904.\nSegue in "Annotazioni"\n
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • ENTE SCHEDATORE R03/ FAI - Fondo Ambiente Italiano
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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