GRADARA - CINTA DELLE MURA (LATO DI PONENTE)

positivo album, ca 1890 - ante 1914

Stampa sciolta inserita con i quattro angoli nei tagli predisposti alla carta 22, recto (attualmente estrapolata)

  • OGGETTO positivo album
  • SOGGETTO Italia - Marche - Gradara - Mura
    Architettura - Mura - Torri - Fortificazioni - Secc. XIII, XIV e XIX
  • CLASSIFICAZIONE DOCUMENTAZIONE DEL PATRIMONIO ARCHITETTONICO
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici Etnoantropologici di Bologna Ferrara Forlì Cesena Ravenna e Rimini
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Pepoli Campogrande
  • INDIRIZZO Via Castiglione, 7, Bologna (BO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La fotografia mostra il fronte sud orientale del castello di Gradara, ripreso dai piedi del colle su cui sorge il fortilizio. Il castello risulta già esistente nel 1182, costruito dalla nobile famiglia De Griffo, e nel XIII e XIV secolo la propria importanza venne accresciuta con quella dell’abitato. La costruzione di un ampio mastio in parte corrispondente a quello osservato si deve ai Malatesta, specialmente nel XIV secolo e in seguito negli ammodernamenti disposti da Sigismondo Pandolfo Malatesta, con la realizzazione delle murature a scarpa e la strutturazione dei locali al fine di poter ospitare residenze di corte (di foggia quattrocentesca sono anche i beccadelli sostenenti la merlatura guelfa, in un secondo momento coperta, mentre la grande torre angolare squadrata, con merli ghibellini, riferisce alla fase trecentesca della costruzione). Con la sfortuna di Sigismondo il castello passò ai Montefeltro, in seguito agli Sforza ed infine dal governo legatizio nel 1641. La rovina delle estese fortificazioni, sollecitò l’avvio di imprese di restauro, parzialmente avviate già nel XVIII secolo da parte di Carlo Mosca Barzi, acquirente in enfiteusi da papa Clemente XIV Ganganelli nel 1773. Dopo una nuova fase di abbandono il castello vide l’interessamento del conte Alessandro Morandi-Bonacossi, e il coinvolgimento di Giuseppe Sacconi, celebre architetto del Vittoriano, all’epoca anche soprintendente per i monumenti di Umbria e Marche. Già in tale fase, nell’ultimo quarto del XIX secolo, le fortificazioni vennero fortemente reintegrate rispetto alla loro struttura originale, definendo il centro montefeltrano come piccola Carcassonne italiana. A riconsolidare la monumentale struttura, presto latitante di lavori di manutenzione risultanti ingenti e dispendiosi, intervenne in seguito l’ingegnere Umberto Zanvettori, proprietario del castello, che dispose dei restauri all’intero castello, ricostruendo del tutto alcuni torrioni e definendo una doppia cerchia muraria tra il 1921 e il 1923. Altri restauri vennero approntati nel 1936 e dopo la seconda guerra mondiale. La ripresa, eseguita dalla ditta Fratelli Alinari, mostra lo stato delle strutture a seguito degli interventi supervisionati dal Sacconi, precedenti rispetto ai restauri degli anni ’20 del XX secolo, quando si intervenne riaprendo le finestre alla sommità della scarpa, che nella nostra fotografia appaiono tamponate (così come anche in Moretti 2007, p. 159, fig. 166), anche a seguito di importanti lavori di riallestimento delle sale interne, predisposte per l’accoglimento dei turisti. E’ infine significativa la pubblicazione dei cataloghi a stampa dei Fratelli Alinari del 1900 (Firenze, G. Barbera) e del 1921 (Firenze, I.D.E.A.) dedicata alle riprese di Bologna, della Romagna e delle Marche con specifico richiamo a Gradara (mai citata nelle pubblicazioni precedenti il 1900). La ripresa (presente nel catalogo on-line dell’archivio Alinari con la diversa attestazione di inventario 10923, vedi http://www.alinariarchives.it/it/search scheda ACA-F-010923-0000) e la relativa stampa devono quindi essere comprese tra la fine dei restauri Sacconi (1890 ca.) e i termini biografici dell’estensore dell’album Raffaele Faccioli. A sostegno della possibile datazione della ripresa entro il termine del XIX secolo, concorrono la presenza di una fascetta didascalica tipologicamente affine a quella utilizzata dai Fratelli Alinari attorno agli anni '70 dell'Ottocento, come pure il timbro a secco, già in uso dagli anni '60. Il fondo fotografico Faccioli è costituito da stampe sciolte o incollate su supporto, raccolte nel corso della sua attività di ingegnere-architetto da Raffaele Faccioli (Bologna, 1836-1914). Dopo la sua morte, il geometra Luigi Mattioli, amministratore dei beni degli eredi, propose a Francesco Malaguzzi Valeri, allora Direttore della Pinacoteca di Bologna, l'acquisto di questa raccolta grafica comprendente disegni, taccuini e materiale fotografico. L'acquisizione avvenne in due fasi, tra il 1917 e il 1918. Nei precisi elenchi che testimoniano la transazione si citano: "597 fotografie di diversi formati e soggetti montate su cartone, 624 fotografie di diversi formati e soggetti senza cartone, 31 fotografie su cartone di diverse misure, di soggetti architettonici, e 9 fotografie senza cartone, di diverse misure, di soggetti architettonici" (9 maggio 1917) e "576 fotografie di diversi formati e soggetti" (9 aprile 1918). Documentazione circa il fondo è reperibile presso l’Archivio Storico della Pinacoteca, pratiche n.31, foglio 43, n. 9
  • TIPOLOGIA SCHEDA Fotografia
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800635803-79
  • NUMERO D'INVENTARIO 31875/ 709
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
  • DATA DI COMPILAZIONE 2015
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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