Il caso del maiale

a cura di Simone Gliottone, pubblicato il 21/06/2021

Formulare un discorso sul maiale che possa spiegare l’importanza di questo animale per l’essere umano è un’attività di ricerca complessa alla quale è stato necessario mettere dei confini selezionando gli argomenti in funzione della finalità che si è voluta dare a questo itinerario: uno scopo didattico. I testi che trattano del rapporto creatosi nel corso di migliaia di anni tra l’animale umano e il porco sono molteplici, con prospettive e punti di vista differenti. Nello studio de Il caso del maiale è stata data una grande importanza alla storia e all’antropologia, passando anche in rassegna opere filosofiche, prontuari zootecnici, manuali di lavorazione e conservazione delle carni, ricerche sulla medicina popolare, inchieste volte ad accertare le implicazioni socioeconomiche della commercializzazione di questo animale, prodotti del mondo cinematografico e delle arti visive. Il caso studio ha come basi le schede di catalogo inerenti al mondo dell’allevamento, dell’uccisione e della trasformazione del maiale in cibo presenti sul sito del Catalogo Generale dei Beni Culturali, dalle quali, grazie ad una bibliografia di riferimento, si è voluto analizzare l’universo culturale di cui il maiale è protagonista.  

Girl and Pigs, Richard Earlom The Metropolitan Museum of Art
Girl and Pigs, Richard Earlom

Prima che il maiale diventasse uno degli animali amici dell’uomo esisteva il porco selvatico che con molte probabilità apparteneva alla famiglia dei Suidi, della quale anche il cinghiale fa parte. Il processo di addomesticamento del porco selvatico è strettamente legato alla sedentarizzazione dell’uomo, alla rottura della dipendenza dalle risorse alimentari presenti in natura, al passaggio da un’economia di predazione a un' economia di produzione. La domesticazione ebbe inizio non prima del VII millennio a.C. nella regione storica del Turkestan e in Asia minore, circa ottomila anni fa presso gli insediamenti della cultura di Cishan e a partire dal VI millennio a.C in alcune regioni dell’Asia Orientale. È stato possibile datare tali eventi grazie ai resti ossei rinvenuti e appartenenti agli animali abbattuti per l’alimentazione. Si è notato che i maschi venivano uccisi precocemente rispetto alle femmine invece usate per la riproduzione, che i denti canini, vere e proprie zanne, venivano regolarmente rimossi con il fine di rendere più docile l’animale e facile la convivenza con esso e che la castrazione era già praticata (gli esami osteologici dimostrano se l’animale è stato sottoposto a sterilizzazione oppure no in quanto la composizione ossea ne verrebbe modificata). Il motivo per il quale si è scelto di intraprendere questo processo proprio con un animale come il maiale, per nulla abile come animale da tiro per i lavori agricoli, è sicuramente quello alimentare.


Tra gli Egizi il maiale domestico è documentato dal V millennio a.C. Lì, i maiali venivano portati sui campi appena seminati così che spingessero, con le loro zampe, più a fondo i semi e agli uccelli risultava impossibile cibarsene. Di una scrofa aveva le sembianze la dea Nut e finché il maiale venne allevato e la sua carne consumata rimase anche presente nei culti di Osiride; successivamente, intorno alla metà del II millennio a.C., iniziò un progressivo discredito della carne di porco — forse perché incolpato di essere stato portatore di lebbra — fino ad arrivare al vero e proprio tabù alimentare: da animale sacrificato durante i riti in omaggio a Osiride, il maiale divenne attributo di Seth, il dio demoniaco. Dell’impurità dell'animale e del tabù della sua carne è ricca la storia e non solo degli Egizi: altri popoli rifiutano l’animale, la sua presenza e talvolta, come nel caso degli Ebrei, anche di vedere scritta la parola “maiale” nei propri testi sacri tanto che, nel Talmud, viene designato con l’espressione vaga “altra cosa”. Curioso è il caso del ritrovamento di una nave da guerra fenicio-punica del III sec. a.C. recuperta tra le Isole Egadi e le coste di Marsala tra il 1971 e il 1974 e oggi conservata al Museo Archeologico Regionale Baglio Anselmi di Marsala. Oltre a diversi resti alimentari furono trovati anche quelli di maiali, ma i Fenici erano un popolo semita e non avrebbero mai mangiato carne di maiale. Alcuni sostengono che i maiali erano portati a bordo per le loro spiccate qualità di orientamento, erano conosciuti come animali che fiutavano la terra da molto lontano e che una volta gettati in acqua, essendo anche ottimi nuotatori, il loro moto si sarebbe indirizzato verso la terraferma. É possibile che fossero usati anche come veri e propri barometri per annunciare l’arrivo di una tempesta, oppure, impiegati come sirene e, affinché riuscissero a comunicare la presenza della nave sulla quale si trovavano alle altre imbarcazioni in situazioni di bassa visibilità, venivano prima frustati cosicché gridando conseguissero tale scopo. I motivi per cui gli Ebrei rifiutino il maiale possono essere così classificati: igienici, poiché  l’alimentazione del maiale può arrivare fino alla coprofagia e alla necrofagia e proprio per questo dal XIII secolo attorno a molti cimiteri europei furono costruite le mura anche per evitare che i maiali andassero a dissacrare quei luoghi mangiando i cadaveri, socioeconomici ed ecologici, sostenuti da Marvis Harris, simbolici sono invece i motivi di rifiuto che fanno capo all’antropologia freudiana, la quale suppose che il maiale fosse l’animale totemico delle tribù nomadi antecedenti al popolo ebraico stanziale e, infine, le motivazioni di carattere tassonomico. Quest'ultima denominazione spiega come gli animali impuri sono quelli che non soddisfano i criteri di classificazione tradizionale: il quadrupede puro, che può essere mangiato, è quello non carnivoro, che ha lo zoccolo fesso e che rumina, il maiale è quindi escluso. In un altro monoteismo, l’Islam, dove le proscrizioni circa l’alimentazione riguardano per lo più il sangue dell’animale, del maiale è vietato cibarsi e servirsi di ogni cosa che da lui derivi. Un esempio di come questo tabù abbia influito nella storia fu la rivolta dei Sepoy in India del 1857: almeno per quanto riguarda le file musulmane, la rivolta ebbe tra le cause anche il fatto che il grasso utilizzato per lubrificare le nuove pallottole per le armi ad avancarica provenisse da suini e bovini. Differente è la concezione cristiana del maiale: il concilio di Antiochia del 341 afferma che “i cristiani non imiteranno gli ebrei… e mangeranno anche il maiale”. Oltre a non imitare gli ebrei, i cristiani si sono sempre dilettati nelle ingiurie verso il popolo semita: marrano (che letteralmente significa “giovane porco”) era uno degli insulti più comuni rivolti verso quelli tra ebrei e musulmani che da poco si erano convertiti al cristianesimo durante il medioevo nella penisola iberica e ritenuti sospetti di continuare a mantenere in segreto il culto della religione di provenienza. Famosa è anche la storia di Judensau, ripresa poi dalla propaganda nazionalsocialista dalla seconda decade del XX secolo. La "scrofa degli ebrei" fu motivo di umiliazione per i semiti che durante il Medioevo videro l’associazione caricaturale del loro popolo con una scrofa in atteggiamenti osceni.


Anche se il porco ha incarnato nel mondo cristiano l’immagine del peccato e di alcuni vizi — con l’arrivo dell’età barocca in Europa, il maiale assunse connotazioni positive come auspicio di fertilità e ricchezza — non fu impedito a Sant’ Antonio Abate di essere raffigurato assieme ad un maiale con una campanellina al collo. Le origini di tale rappresentazione possono appartenere sia alla tradizione che, trasportando Sant’Antonio nei boschi europei, luoghi dell’isolamento e del ritiro spirituale, lo vuole sottoposto a grandi prove morali durante le quali controlla e vince le tentazioni demoniache raffigurate poi come bestie della foresta (cinghiale) domate, sia riferendosi agli allevamenti di maiali che gli antoniani ebbero la possibilità di continuare ad allevare in città rispetto ai divieti imposti alla popolazione che non poteva più crescere i propri porci nelle strade. Questi animali, dotati di campanellina, vennero utilizzati sia per soddisfare il bisogno alimentare all’interno degli istituti ospedalieri di cui i monaci si occupavano sia per la cura delle piaghe date dall’ergotismo, anche chiamato fuoco di Sant’Antonio, con il lardo. Stessa tecnica per la cura del fuoco di Sant’Antonio era utilizzata dai guaritori e dalle guaritrici di campagna nelle zone rurali italiane del XX secolo, in più, con il lardo, venivano guariti anche i porri e le “storte”: a trenta chilometri da Cagliari un uomo di campagna disse che per poter guarire il fuoco di Sant’Antonio bisognava aver fatto il porcaro nella vita. Altri popoli nella storia si affezionarono al maiale, soprattutto per quanto riguarda il gusto delle sue carni, la facilità di allevamento e la resa ottenuta una volta macellato l’animale. All'epoca dei Romani il cinghiale era la preda preferita dall’aristocrazia romana durante le battute di caccia e Giulio Cesare stesso nel De bello gallico descrive il cinghiale come l’animale simbolo del coraggio assoluto. Plinio il Vecchio, nella sua opera Naturalis Historia, racconta che il maiale ha cinquanta sapori diversi e che del porco non si butta via nulla, mentre Varrone, nel De re rustica oltre a disquisire circa l’allevamento del maiale cita anche la scrofa leggendaria che, partorendo, indicò ad Enea il punto preciso dove fondare la sua città (anche se Albano Laziale non è indicato come il punto preciso in cui sorse la città di Albalonga, il suo stemma presenta ugualmente la scrofa che allatta i suoi piccoli).


Il maiale ha sempre fatto parlare di sé nella storia: a partire dal III secolo fu il ponte tra l’alimentazione barbara — nell’Edda di Snorri Sturluson il Grande Maiale, fonte di cibo alla corte di Odino per tutti gli eroi morti in battaglia, è quotidianamente “bollito e distribuito per il pasto, e la sera è di nuovo intero” — di cui era animale cardine, e quella romano-ellenistica. L'incontro di queste due culture apportò un'intensa rivalutazione delle zone boschive, trascurate sia dai Greci che dai Romani poichè confinate nella sfera dell’inciviltà. I boschi vennero così tanto apprezzati come luoghi destinati al pascolo allo stato brado al punto che, dall’epoca di Carlo Magno, la loro grandezza iniziò ad essere “misurata in maiali”, specificando quanti porci potessero lì girovagare e alimentarsi in un anno. Questa importanza per le zone incolte divenne ben presto motivo di scontri legati al potere: già dall’VIII secolo i monasteri prima e poi, fra X e XI secolo, i potentati locali imposero grandi limitazioni a chi potesse usare i terreni boschivi, arrogandosi il controllo di molte dinamiche produttive a discapito dei ceti più deboli. Fu così imposto il diritto di erbatico e ghiandatico e fu perseguitato duramente il bracconaggio. Con l’arrivo del XIII secolo la carne di maiale incontrò un netto declino in quanto gli abitanti più abbienti delle città cominciarono a preferire carne fresca di ovini e volatili sia per differenziarsi culturalmente dalla realtà contadina ancora strettamente legata all’economia del porco sotto sale, sia estraniarsi da una comunanza di classe con i ceti più bassi che l’alimentazione a base di prodotti simili poteva sostenere.


Pur attraversando momenti di lieve discredito il rapporto tra uomo e maiale non si è mai interrotto. Questi animali, trattati come veri e propri cittadini, furono giudicati persino in tribunale. Essi scontarono le loro pene confinati in carcere, umiliati in pubblico, morendo per impiccagione o bruciati sul rogo per aver ucciso o ferito a morte bambini e porcai. Il caso più famoso fu quello di un maiale regicida: successe il 13 Ottobre 1131 (alcuni sostengono il 2 Ottobre 1131) in un sobborgo di Parigi. Il giovane principe Filippo, primogenito di re Luigi VI il Grosso, fu disarcionato da cavallo da un maiale errante e, a seguito delle ferite riportate, morì. Un altro forte legame che si può trovare tra umani e maiali, oltre che nei proverbi e nei detti popolari dei quali ogni lingua è fornita, è sicuramente l'ambito medico. Dalla fine del Medioevo, grazie ad una diminuzione della pressione della chiesa che vietava l'utilizzo di salme per fini didattici, i medici poterono utilizzare corpi umani per insegnare anatomia aumentando così la qualità dell'insegnamento rispetto a quando erano destinati a tale scopo esclusivamente i cadaveri di maiali — questo fu possibile in quanto i loro organi interni erano ritenuti pressoché identici a quelli umani. Oggi si sa che il maiale non solo è uno dei punti di appoggio della farmacologia, dato che l’utilizzo dei suoi organi trova posto nella composizione di svariati medicinali, tra cui l’insulina, ma è importante anche per una branca della chirurgia: ne sono esempi gli studi sugli xenotrapianti che in questi decenni stanno dando alcuni buoni risultati resi possibili dalla tecnica di ingegneria genetica chiamata Crispr. Purtroppo, non è solo la sperimentazione animale in ambito medico a richiedere l’uso del porco, ma anche quella militare. Triste è la storia di vari branchi di maiali arsi vivi durante i test atomici effettuati nell’atollo di Bikini durante l’operazione “Crossroads” del 1946 e durante l’operazione “Plumbbob” del 1957, così come è triste sapere che meno di una decina di anni fa, durante l’operazione “Danish Bacon” ci fu una carneficina di maiali portati ad estreme sofferenze con il fine di formare il personale medico militare in condizioni “realistiche”. Il rapporto dell’umano con il maiale è decisamente cambiato nel corso della storia: si è arricchito, ed è, alcune volte, degenerato.


Oggi il porco è un animale che nasce e viene allevato esclusivamente per morire: anonimo, numerato e privato di tutte quelle cure e considerazioni che in passato costruirono lo scambio culturale tra uomo e maiale.

Bibliografia

Giulio Cesare Croce, Monique Rouch (a cura di), L'Eccellenza e Trionfo del Porco, Bologna, 2012

Roberto Finzi, L'onesto porco. Storia di una diffamazione, Milano, 2014

Paola Giovetti, I guaritori di campagna. Tra magia e medicina, Roma, 1998

Thomas Macho, Il maiale, Venezia, 2019

Massimo Montanari, Il cibo come cultura, Roma - Bari, 2004

Massimo Montanari, La fame e l'abbondanza. Storia dell'alimentazione in Europa, Roma - Bari, 2003

Massimo Montanari, Mangiare da cristiani. Diete, digiuni, banchetti. Storia di una cultura, Milano, 2015

Michel Pastoureau, Il maiale. Storia di un cugino poco amato, Milano, 2014

Gian Carlo Torre, Alfredo Ferretti, Giovanni Daprà, Il maiale incartato : ex libris e racconti, Savignano sul Panaro, 2012

Bibliografia in rete

L'Europa è un'Unione fondata sul maiale, (LINK)

Operation Danish Bacon, (LINK)

Donatori diversi da noi. Lo xenotrapianto, (LINK)

Use of domesticated pigs by Mesolithic hunter-gatherers in northwestern Europe, (LINK)

Corrado Alvaro - Il segretario, il sindaco e una festa del maiale (con un commento di Vito Teti), (LINK)

The Iberic peninsula devoured by pigs, (LINK)

Dell’arte come del maiale…, (LINK)