La fotografia e il cloruro di sodio

L'invenzione della carta salata
a cura di Simone Gliottone, pubblicato il 15/02/2024

Tra gli utilizzi ai quali il sale comune viene destinato si trova anche l'arte della fotografia. Non solo il cloruro di sodio servì ad insaporire e conservare il cibo ma lo si vede protagonista di un'antica tenica di stampa fotografica. 

William Henry Fox Talbot, An Oak Tree in Winter, probably 1842–1843. Salted paper print from a paper negative. The J. Paul Getty Museum, CC0 1.0 DEED
William Henry Fox Talbot, An Oak Tree in Winter, probably 1842–1843. Salted paper print from a paper negative.

dal Catalogo

Il metodo noto come "carta salata" venne ideato da William Henry Fox Talbot, il creatore del calotipo. Questa pratica ebbe origine nel 1833, circa sei anni prima che Talbot presentasse i suoi lavori sulla tecnica alla Royal Academy.
Il procedimento consiste nell'introduzione di un sale, solitamente cloruro di sodio o ammonio, tra le fibre della carta utilizzata. L'altro ingrediente indispensabie è il nitrato d'argento, che reagisce con il sale per formare cloruro d'argento. Questo composto fotosensibile, quando esposto alla luce, si decompone, creando un'immagine fotografica. L'immagine viene quindi fissata e lavata per renderla permanente. Di solito, le immagini ottenute con questa tecnica presentano tonalità che variano dal seppia al bruno-violetto ed essendo la stessa carta imbevuta della soluzione l'effetto che che si ottiene è simile a quello di un acquarello. La carta salata è stata una delle prime carte sensibili usate in fotografia. Il trasferimento dell'immagine, dal negativo alla carta, avveniva all'interno di un torchietto dove i due elementi erano messi a contatto, esponendoli all'azione del sole. Aprendo posteriormente il torchietto, si poteva controllare lo stato della stampa interrompendo il processo quando si riteneva di aver raggiunto l'annerimento giusto. Per questa ragione la carta salata è detta "ad annerimento diretto". Seppure si trovassero in commercio "carte salate" già pronte all'uso, era consuetudine costruirsi i propri strumenti del mestiere vista la facilità con la quale si poteva raggiungere un risultato eccellente. 

Questo metodo è considerato piuttosto affidabile e offre una buona conservazione nel tempo. Va notato che non tutte le stampe di Talbot e dei suoi contemporanei sono giunte fino a noi in condizioni ottimali, il che è attribuibile al fatto che, nei primi anni della fotografia, non si comprendeva ancora appieno l'importanza del fissaggio e del lavaggio nei processi fotografici. Dopo un periodo di grande popolarità tra gli anni '40 e '50 del XIX secolo, questa tecnica venne gradualmente sostituita da altre, come le stampe brune e la stampa all'albume, fino all'introduzione delle carte fotografiche con emulsioni in gelatina ai sali d'argento.

Bibliografia

Bordin G., Il sapore del sale. Stampe in carta salata, albumina, aristotipia (collodio-chloride), negativi analogici e digitali, Rimini, 2016

Namias R., Vademecum del Fotografo, Milano, 1911

Vidal L., Luigi Dr.Gioppi (a cura di), Manuale del dilettante di fotografia, Livorno, 1886

Bibliografia in rete

I materiali fotografici. Dalle tecniche storiche al digitale - ICPAL -Istituto centrale per la patologia degli archivi e del libro, 15/02/2024 (LINK)

William M. Ivins, Jr., Prints And Visual Communication, 15/02/2024 (LINK)