Necropoli punico-romana di Tuvixeddu (area ad uso funerario necropoli)

Cagliari, ca V sec. a.C - ca I sec. d. C

I primi momenti di frequentazione del colle di Tuvixeddu si datano tra la fine del IV e gli inizi del III millennio a.C. attestati dal rinvenimento di materiali fittili e industria litica in ossidiana riferibili a fasi tardo neolitiche della cultura di Ozieri. La sua peculiare destinazione d’uso si definisce tuttavia in età punica allorché il sito, esteso sull’intero versante meridionale fino alle sue propaggini orientali, nord-orientali e occidentali, è interessato dalla presenza di una vasta necropoli, la più grande in area mediterranea, che costituiva l’area funeraria a nord-ovest della città.. Attiva infatti già dal V secolo a.C., con possibili ampliamenti alla fine del VI a.C., rimase in uso fino al primo periodo romano imperiale come attestano gli oggetti di corredo più recenti che non vanno oltre la metà del I secolo d.C. Si tratta di una necropoli monumentale caratterizzata prevalentemente da tombe del tipo “a pozzo” scavate nel banco di roccia destinate alle inumazioni. Tali tombe sono costituite da camere ipogee a pianta generalmente rettangolare accessibili attraverso un pozzo verticale, a sezione sub-quadrata e profondo da 3 a 7 metri, provvisto di riseghe e incavi alle pareti per facilitare la discesa. Alla base del pozzo un’apertura rettangolare consentiva l’ingresso alla camera, solitamente singola; solo in alcuni casi si possono trovare più camere disposte l’una di fronte all’altra o su livelli sfalsati. L’apertura, dopo la deposizione del defunto, veniva chiusa con una lastra litica, sigillata con malta di fango, o con un muro di pietre di vario pezzame. Le camere sono generalmente di dimensioni ridotte e possono presentare una fossa scavata nel pavimento, nicchie quadrangolari nelle pareti e una sorta di bancone risparmiato nella roccia interpretati, questi ultimi due, come elementi funzionali alla deposizione del corredo funebre. In numero ridotto sono gli ambienti che presentano all’interno motivi decorativi costituiti da semplici fasce di colore rosso dipinte sulle pareti; in qualche caso, all’esterno, sopra il portello di accesso alla camera si trovano dipinti o scolpiti a bassorilievo maschere orride o simboli astrali quali il disco solare e il crescente lunare. Due tombe si distinguono tra le restanti per la decorazione interna. La prima, denominata “di Sid”o “del guerriero” presenta una pianta trapezoidale orientata NW-SE e mostra una nicchia su ciascuna parete ad esclusione di quella in cui si apre l’ingresso. Sulla parte alta delle pareti corre un fregio (ora solo parzialmente visibile), alto circa m 0,20, costituito da cerchi intersecantisi bordati di rosso e riempiti di colore azzurro, sostenuto da pilastri dipinti in rosso sormontati da capitelli a volute. All’interno di ciascuna nicchia è dipinta in rosso una triade betilica mentre su una parete si dispone, delineata in rosso, la figura di un personaggio maschile barbato rappresentato stante (h m 0, 25), con il capo coperto da un elmo crestato, il petto nudo con i fianchi cinti da un panno, nell’atto di scagliare una lancia. Tale personaggio viene identificato con un guerriero o con la divinità punica Sid, dio cacciatore. La tomba, scoperta nel 1973, viene datata al IV-III secolo a.C. unicamente sulla base dell’analisi stilistica delle decorazioni in quanto rinvenuta priva di corredo poiché già violata. La seconda sepoltura, nota come “Tomba dell’ureo” per l’immagine del serpente sacro della religione egizia raffigurato su una delle pareti, è orientata NE-SW con pozzo d’accesso profondo m 5 e camera a pianta trapezoidale con due fosse scavate nel pavimento. Le pareti, ad eccezione di quella in cui si apre l’ingresso, sono decorate da un fregio a fascia rossa con motivo a fiori di loto e palmette legati da girali; al centro, sulla parete di fondo di fronte all’ingresso della camera è raffigurato un ureo alato sormontato da globo solare inquadrato tra due fiori di loto a cui seguono due maschere gorgoniche. Come la precedente, anche questa tomba viene datata tra lo scorcio del IV e i primi anni del III secolo a.C. Nella fase tardo punica la necropoli fu interessata da deposizioni di inumati entro anfora (enchytrismós) e di incinerazioni entro urna che spesso riutilizzavano il pozzo di accesso delle precedenti tombe a camera, sovrapponendosi alle sepolture più antiche, come anche nel caso dei sepulchra busta, tombe del tipo a fossa a incinerazione primaria, che si diffondono a partire da età romano repubblicana introdotte, probabilmente, con l’arrivo nell’isola di genti italiche. La continuità d’uso in età romana è attestata soprattutto nella parte della necropoli prospiciente il Viale Sant’Avendrace lungo il costone roccioso alla base occidentale del colle. Si assiste in tale periodo al riutilizzo di parte delle tombe puniche scavate nella roccia e alla realizzazione, lungo le pareti di queste, di tombe ad arcosolio monosome e bisome destinate agli inumati o di colombari per la deposizione delle urne contenenti i defunti incinerati. Tra questi si segnala il colombario detto “tomba di Rubellio” dall’epitaffio murato all’ingresso del sepolcro che menziona un Caio Rubellio, probabile proprietario del sepolcro. Non mancano inoltre esempi di tipologie monumentali legate allo sviluppo dell’edilizia funeraria come il sepolcro di Atilia Pomptilla, un ipogeo funerario la cui facciata, scavata nella roccia, riproduce quella di un tempietto in stile ionico composito. La tomba è nota con il nome di “Grotta della vipera” per la decorazione costituita da due serpenti affrontati scolpiti sull’epistilio

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