Strutture in pietra a secco. Pajarone e cisterna. Tecniche di costruzione

XXI

Salvatore Sergi, in questo estratto-video, discorre di due peculiari architetture rurali: #pajarone# e cisterna. In riferimento al primo, dice: «Pajarone era sempre una pajara fatta a secco ma grandissimo! Che è ancora in piedi! E’ immenso, è grandissimo davvero, la pajara fatta di sassi perché raccoglievano i sassi dalle campagne, e allora questo l’ho fatto anch’io, le campagna che erano piene #de munti# diciamo così, no? Venivano sradicati, sbriciolati e facevano muri, ecco perché si trovano tanti muri in mezzo alle campagne. Si raccoglievano i sassi dalle campagne. Mi sono spiegato? E questo pajarone è grandissimo, ma vederlo dici: “Come cacchio hanno fatto senza un cemento, senza un ferro?” Tutto a secco, è ancora in piedi. Anzi ci abitano pure dentro l’estate che quello che ce l’ha è un amico mio. I “porci” sai dove sono? Dietro il cimitero, quello nuovo, in fondo.» La tecnica di costruzione, quella del muro a secco, è la medesima per le più conosciute pajare, e ha origine dallo spietramento dei terreni. Salvatore conosce bene questa tipologia di tecnica poiché suo padre la metteva in opera quando nel sud Salento non c’era il cemento; dunque, in che cosa consisteva questa tecnica? Ce lo racconta il testimone: «Sassi e fango, cioè sassi, fango però mischiato con #volio#, sarebbe la terra vergine che veniva prelevata un metro, un metro e mezzo di profondità, perché proprio era terra vergine al 100%. E quella si chiama #volio#, quando indurisce è come il cemento. Di fatti prima le cisterne venivano intonacate con questo #volio#, no? Perché il cemento qua è arrivato negli anni ’60-’70 e di fatti quando è arrivato non lo sapevano nemmeno usare. Immagina… perché non c’era nessuno che… dopo si è impestata l’aria. (…) I muri fatti a secco, perché prima nella campagna c’era lavoro per tutti, la cardarella per esempio si prendeva in due da 5 o 6 anni, uno da una parte e dall’altra e portavano sassi ai maestri, chiamiamoli maestri. C’era lavoro per tutti. Non c’era minorenne, no, no; certo, il grande faceva il lavoro da grande! I piccoli… io e mio fratello per esempio quando si doveva portare l’acqua agli alberi, l’innaffiatoio, si prendeva uno da una parte e uno dall’altra… le cardarelle lo stesso. [Erano] dei contenitori che venivano riempiti di sassi, raccolti in mezzo alla campagna e poi portati… una specie di secchio diciamo così ecco. (…)» Per quanto riguarda la cisterna, Salvatore ricorda com’era costruita, il suo funzionamento, alcuni componenti essenziali dell’architettura con relativi termini dialettali. Si riportano le sue parole: «Dato che, ripeto, le campagne erano piene de #munti# diciamo così, allora sceglievi una zona dove non c’era terra, veniva pulita e fatta di sopra; mi sono spiegato? Non è che c’era una pianta ben precisa, no, alla buona, così. (…) Quando si riempiva la cisterna la travasavi #inthru palune# e poi #da lu palune# ti innaffiavi quello che piantavi. Dato che la mia cisterna era piccola, allora dovevi stare là col fucile #a comu la vadia ‘n canne, dicia# in dialetto, no? Quasi piena, dovevo travasarla perché #u palune# andava 80-90 quintali. (…) Una vasca, la devi fare bella robusta per contenere l’acqua… per mantenere l’acqua. Coi tufi, no? L’acqua per esempio delle cisterne (mo c’è i motori) ma prima #istu# era: #u tragnu#. Fatto apposta che quando va nell’acqua non si mantiene in piedi e si riempie da solo. Ecco perché è fatto così, ovale. In piedi si mantiene, guarda! (…) Tragno, tragno! Con la quale è fatto ovale per un semplice motivo che quando va nell’acqua si riempie e va giù pieno, e poi si tira su. Perché nelle cisterne prima c’erano due colonne, ci sono ancora tuttora! E’ chiamata na ruota #trozzula#, allora qua c’era legato una fune grossa così, due di questi: uno andava su e l’altro [giù]. Allora si tirava, a mano l’acqua, oggi con i motori grazie a Dio… Allora se tu butti un secchio normale nell’acqua, nella cisterna, devi stare basso là per riempirsi, invece questo automaticamente si ribalta e si riempie da solo. Allora finché uno lo svuoti, l’altro è già pieno. Allora si va su e giù, #cu sta trozzula# messa su due colonne, no? fatta in legno sempre tutto fatto a mano, e #lu nsartu# chiamato così. Non con le catene. Io ho messo le catene per… per la resistenza. (…) Tu c’avevi la campagna, io c’avevo la campagna a fianco, mannavi lu fiju tou e jeu, perché sul #pastale della sterna#, che sarebbe la base della cisterna, si andava in due: uno di là e uno di qua. Allora si… u tragnu! Nella colonna si era fatta una buca adatta per svuotarli, si coordinavo, m’aggiu spiegato? Come si dice? Sincronizzati. [I tragni li costruiva] lu stagninu. Lu stagninu prima c’era qua a Tricase, mo non c’è più, mo u primu lo trovi a Ruffano. C’era lu stagninu chiamato mesciu Totu che faceva questi, le quartare, lu ndacquaturi facìa, mesciu Totu si chiamava. No, parecchi mestieri abbiamo fatto morire, guarda è una cosa incredibile ma vera. (…) Io l’ho ereditato, questo mio padre l’aveva. (…) Qualche anno fa pulivo qualche cisterna, no? pulivo. Perché non ne soffro, come si dice, sotto…… insomma mi trovo abbastanza a mio agio. Allora mi chiamavano a pulire le cisterne. E per pulire le cisterne devi avere un po’ di… non dovi soffrire di claustrofobia. Allora devi usare per forza… Perché la cisterna è fatta così: a un angolo viene fatta una buca, poi devi svuotarla, poi lavarla e pulirla e poi rinfrescarla col cemento. E spesso son chiamato, m’hanno chiamato. Ne ho pulite abbastanza, ne ho pulite. Di fatti ho pulita una cisterna a nu dottore sul viale della Stazione, all’angolo sulla sinistra, ma na cisterna immensa proprio! Che la moglie aveva paura solamente a vedermi scendere: “Toto, me raccomando!” E io per farmi sentire cantavo là dentro a modi miei. “Canta, canta che bella uce tieni!” (…) Era immensa, era immensa proprio. (…)» Salvatore spiega com’è fatto #lu tragnu#: «Una lamiera, vedi, una lamiera piegata a opera d’arte perché prima era tutto a mano. Perfezione! Non è che c’erano modelli. Il modello era la fantasia. Tie mesciu Fedele non lo sai, no? Non l’hai conosciuto che era il padre di mio genero. Quello faceva i vasi per piantare, senza usare il metro o carta e penna. (…)»

  • OGGETTO strutture in pietra a secco. pajarone e cisterna. tecniche di costruzione
  • CLASSIFICAZIONE LETTERATURA ORALE NON FORMALIZZATA
  • LOCALIZZAZIONE Tricase (LE)
  • INDIRIZZO Europa, ITALIA, Puglia, LE, Tricase, Ugento - Santa Maria di Leuca, Tricase (LE)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE “Nel quadro più ampio del rapporto insediamenti-territorio, si colloca quel singolare sistema di approvigionamento delle acque piovane utilizzato, fino a tempi abbastanza recenti, per uso domestico, per abbeverare gli animali e per innaffiare i giardini: Le pozzelle. (…) Il sistema di scavare dei «pozzi» sul fondo di più o meno estese depressioni del terreno, risale probabilmente ad epoche remote. Nelle città greche dell’VIII secolo a.C. le cisterne pubbliche erano forse simili alle nostre pozzelle. (BIBR: COSTANTINI, 2017, p. 81-85) “La mancanza di sorgenti in superficie e di corsi d’acqua su questo estremo lembo di terra salentina fece intuire la presenza della stessa nel sottosuolo. (…) Nelle zone ove scavare un pozzo presentava difficoltà, o perché la falda impermeabile troppo profonda o perché trovavasi roccia di calcare compatto, per assicurarsi una certa quantità d’acqua, si costruì la cisterna, serbatorio di acqua piovana. Formata di conci di tufo, la cisterna aveva una forma di parallelepipedo rettangolare ed era intonacata all’interno con malta in calce, alla quale si conficcavano minutissimi cocci di vasi di creta o di embrici, battuti a lungo con speciali magli, sì da renderla impermeabile.” (BIBR: PONZI, 1981, p.49-52)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Modulo informativo
  • AUTORE DELLA FOTOGRAFIA Ricchiuto, Ornella
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 16-ICCD_MODI_9548106013861
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi e Lecce
  • ENTE SCHEDATORE Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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