Tre angeli cantori. Tre angeli cantori
dipinto
1500 - 1510
Montagna Bartolomeo (1449 Ca./ 1523)
1449 ca./ 1523
Il dipinto raffigura tre angeli in piedi nell'atto di leggere un libro retto da quello centrale
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Montagna Bartolomeo (1449 Ca./ 1523)
- LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Non è noto quale potesse essere la funzione originaria di questa composizione, che pure rievoca l’iconografia dei tre angeli stanti della perduta pala dipinta da Giovanni Bellini per la chiesa veneziana dei Santi Giovanni e Paolo: da quanto osservabile non emergono indizi che possano suggerire l’eventuale appartenenza ad una composizione di più ampio respiro, eccezion fatta per l’accenno di parapetto sul quale poggiano i tre angioletti, la cui prospettiva lascerebbe intravedere una destinazione ad un livello sopraelevato. L’opera proviene dalla collezione Bernasconi, dove, sulla scorta dell’inventario (Ferrari 1871), era stata inizialmente ascritta al pittore, orefice ed incisore Giovanni Maria Pomedello, figura non notissima alla storiografia artistica, ma del quale nella chiesa veronese di San Tommaso Cantuariense, presso l’altare dello Spasimo, esiste tuttora un’"Andata al Calvario", firmata e datata 1524. A questa prima e singolare proposta interpretativa faceva seguito un parere di Carlo Gamba Ghiselli (comunicazione al Museo del 19 agosto 1905) secondo il quale si sarebbe trattato di un lavoro del vicentino Bartolomeo Montagna. Successivamente l’opera veniva ascritta al veronese Francesco Bonsignori (Tessari 1966), mentre un accenno alla tela veniva fatto da Maria Teresa Franco Fiorio (1971), che ne respingeva l’attribuzione a Giovan Francesco Caroto, nata tuttavia da un probabile fraintendimento di Avena (si veda anche la scheda cartacea). Alessandra Zamperini (2010, p. 255), riprendendo la segnalazione di Carlo Gamba, attribuiva l'opera, seppur in via dubitativa, a Montagna. Secondo la studiosa, le affinità con l’area figurativa dell’artista possono essere percepite sin dalla resa della ricca stola che allaccia i tre angeli, nella quale predominano quelle curve spigolose che solitamente incidono i panneggi di Bartolomeo. Ma sono in particolare la fisicità dei corpi e la morbidezza delle carni – segnate da curve e giunture che ne evidenziano la floridezza – a rammentare la tipologia infantile elaborata dal pittore vicentino, specialmente, con un analogo e accattivante naturalismo, negli ultimissimi anni del secolo, come rivela, ad esempio, il piccolo e paffuto Gesù della pala Squarzi oggi a Brera (Puppi 1962, pp. 53, 108; Tanzi 1990, pp. 312-323). Più recentemente, invece, Mauro Lucco (2014, pp. 431-432) concordando sulla vicentinità stilistica della tela, proponeva di confrontare le figure dei putti con quelli dipinti da Francesco Verla nel secondo decennio del 1500, per esempio, nella pala di San Francesco a Schio del 1512, nella pala nel duomo di Trento del 1515, nella pala di San Sarcedo del 1517 fino agli angioletti realizzati nella pala di Mori e altri nella pala oggi a Brera del 1520. (da Alessandra Zamperini 2010, p. 255)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715197
- NUMERO D'INVENTARIO 4334
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0