Angelo annunciante. San Giovanni Battista

polittico dipinto 1502 - 1502

Polittico a cinque scomparti raffigurante, nel registro superiore, l'"Angelo annunciante", "Cristo in pietà", e la "Madonna annunciata". In quello inferiore, "San Martino" (perduto), la "Natività" e "San Giovanni battista"

  • OGGETTO polittico dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Morone Domenico (1440 Ca./ Post 1517)
    Morone Francesco (e Aiuti)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le cinque tavole costituivano un piccolo polittico nella chiesa della Disciplina di Tregnago. Nell'ordine superiore erano disposte quelle con l'"Angelo annunciante", il "Cristo in pietà", e la "Madonna annunciata", in quello inferiore "San Martino", il patrono del paese, che doveva essere l'immagine più importante, la "Natività" e "San Giovanni Battista". Il complesso del piccolo polittico è ricordato «con cornice intagliata della Rinascenza [...] nell'andito di diritta» della parrocchiale di Tregnago, un corridoio che collegava la chiesa tardo-ottocentesca con l'antica adiacente chiesa della Disciplina, dedicata in precedenza a San Martino. La prima edizione del "Catalogo" di Giuseppe Trecca ne segnalava il deposito presso la Pinacoteca civica, nella sala dei 'rurali' di palazzo Pompei. Alcune vecchie fotografie (Alinari 46810, Sansoni 3600) mostrano il complesso prima che fosse smembrato con il laterale inferiore di sinistra, che sappiamo raffigurare San Martino, quasi completamente cancellato (di cui successivamente se ne sono perse le tracce). I rapporti dei Morone con Tregnago sono prevedibili in quanto era il paese natio della madre di Domenico. Inoltre, nella frazione di Cellore, proprio dalla parte dei confini con Tregnago, nel 1517 Francesco Morone dipinse nella piccola chiesa di San Zeno un ciclo d'affreschi in collaborazione con Girolamo Dai Libri, senza che, a quella data, si riscontrino segni della presenza di Domenico, inattivo o già morto. Se ne deduce comunque che, in quegli anni, per quanto di rilievo si doveva dipingere nella valle, si ricorreva alla nota e familiare bottega, anche prima che questa si affermasse in città. Grazie al confronto con gli affreschi di Paladon (invv. 674-1B2071, 675-1B2070), si direbbe che a Tregnago Domenico Morone abbia disegnato la parte superiore, lasciando al figlio non solo l'esecuzione, ma anche l'ideazione di quella inferiore. Questo, per comprendere la datazione, che benché non lontanissima dal 1502 di Paladon, pare precedente in quanto l'opera di Domenico presenta schemi più arcaici, nel linguaggio e non solo nelle scelte iconografiche (che avrebbero dovuto accontentare la committenza rurale), e potrebbe accompagnarsi quindi agli esordi di un Francesco ancora poco più che adolescente o appena ventenne (Marinelli 2010, pp. 266-267). Il Cristo centrale del registro superiore, con i simboli della Passione, è evidentemente in funzione della devozione della confraternita della Disciplina, che, pur avendo un proprio oratorio, doveva avere anche una presenza nell'edificio sacro comune, tanto importante da dare il nome alla chiesa stessa. La pittura corrisponde a un linguaggio rinascimentale rispettoso delle gerarchie degli spazi e delle proporzioni, e le figure simboliche sono portate alla stessa scala del Cristo, componendo un tabellone religioso-didattico evidentemente richiesto dalla committenza. Per il pittore diventa un esercizio quasi accademico sulle variazioni dei volti, frontali, di profilo, con lo sguardo in alto, in basso, di tre quarti. La tavola centrale, da attribuire a Domenico, era affiancata, nell’antica cornice rimossa, da due altre, con le figure dell’Annunciazione, centinate e armoniosamente ribassate. Sotto, le tre tavole di Francesco Morone apparivano più alte e strette, in graduata proporzione. L’angelo, nella caduta quasi totale della materia, fa intravedere ora l’emergere di un accurato disegno soggiacente, che conferma la professionalità non banalmente artigianale della bottega. Dietro, la balaustra all’altezza della metà del corpo dà slancio e vigore d’impostazione alla figura, pur riallacciandosi ad antichi schemi, che sono ancora quelli di Giovanni Bellini nel polittico di San Zanipolo a Venezia. Anche la Madonna annunciata rivela, pur essa con la caduta di gran parte del colore, un disegno estremamente chiaro e accurato. Il fondo sembra una grande aula ecclesiale con l’inizio di una volta lignea a carena. L’ambientazione varia di poco quella del tondo con lo stesso tema affrescato da Domenico Morone in Santa Maria in Organo a Verona, intorno al 1495. L’accuratezza di tutti questi elementi rimanda ancora idealmente al lavoro quattrocentesco di Domenico Morone, anche se di fatto la materia pittorica delle tre tavole non è più sicuramente giudicabile. In ogni caso, secondo Sergio Marinelli (2010), una datazione intorno al 1495, o poco prima, legata alle immagini affrescate in Santa Maria in Organo, sembra la più probabile, come pare confermato anche dalle tavole inferiori, dove Domenico sembra quasi promuovere la nuova figura di pittore del figlio Francesco. E questo anche se il “San Martino” è perduto e se la “Natività” centrale è quasi completamente rifatta nella parte superiore, con anche ampie lacune risarcite al centro. Le piccole tavole rinforzavano la loro qualità e coerenza nell’antica armoniosa cornice, il cui disegno, al di là delle dimensioni, appariva monumentale. ||||(da Sergio Marinelli 2010, pp. 266-267)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715206
  • NUMERO D'INVENTARIO 1456
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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