storie della passione di Cristo

croce dipinta, 1150 - 1174

Cristo è rappresentato morto, con la testa inclinata verso sinistra e il volto caratterizzato da un'espressione di dolore; il corpo, fissato alla croce con quattro chiodi, è coperto dal solo perizoma. Sul piedicroce, ai lati del suppedaneo, è rappresentato il Diniego di Pietro, mentre nella cimasa compare l'Ascensione, consistente nella raffigurazione degli apostoli, caratterizzati da gesti di stupore e disposti in due gruppi ai lati della Vergine orante: manca oggi il coronamento superiore, probabilmente un clipeo con la figura del Cristo Pantokrator. Al di sopra dell'aureola del Crocefisso, resa in aggetto, è simulata l'iscrizione. Sul tabellone sono rappresentate, con ordine di lettura dall'alto in basso a partire da sinistra, otto scene relative al ciclo della Passione (a sinistra: Cattura; Flagellazione; Cristo deriso; Via crucis. A destra: Crocifissione; Deposizione; Sepoltura; le pie donne al sepolcro)

  • OGGETTO croce dipinta
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Tedice Enrico Da Pisa (notizie 1254): esecutore
  • LOCALIZZAZIONE Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'opera, firmata da Enrico di Tedice, recupera alcune formule grafiche e compositive da Giunta Pisano, in particolare nella resa del perizoma; nella rappresentazione dei dettagli anatomici mostra diversi punti di contatto con le opere (generalmente ritenute più tarde) del Maestro di San Pierino. Nelle scene laterali Enrico fa ricorso a formule compositive (ad esempio gli sfondi architettonici) diffuse nella pittura pisana della prima metà del secolo XIII (cfr. ad esempio la pala di Santa Caterina) e introduce schemi iconografici di origine bizantina, piegandoli tuttavia all'espressione di una più intensa partecipazione drammatica. Si deve alla sensibilità del Tempesti nel quadro della rivalutazione da lui tentata dei "primitivi" pisani, l'aver posto l'attenzione su questa opera, giudicata "vicinissima" a Giunta, e il Da Morrona pur mantenendo il rapporto con la tavola in S.Pierino, giudicava questa sempre nell'ambito giuntesco, ma di maniera "più servile e più cruda". In realtà come egli stesso dichiara, non aveva potuto esaminare il dipinto a sufficienza essendo coperto quasi per intero dal drappo appostovi durante il "risarcimento" del 1667. E nell'ambito giuntesco l'opera rimase costantemente riferita dalla letteratura locale (cfr. Bibliografia) fino a quando il Tanfani Centofanti scoprì nel "Libro agnetino" la traccia dell'antica iscrizione perduta. Il crocifisso di S. Martino servì da allora come uno dei capisaldi per ricostrtuire la figura di Enrico di Tedice e la questione, risolta quanto al nome dell'autore, si spostò sul problema della datazione (fissata dalla Sandberg Vavalà al 1250, e, più latidunariamente, dal Garrison al 1245-55), della qualità dell'opera, ovvero dei rapporti di essa con la contemporanea pittura in rapporto con la Croce di San Pierino; Siren in riferimento alla coeva pittura toscana. Il solo Venturi, ignorando la scritta riportata dal Tanfani, datava il Crocifisso alla fine del sec.XIII, avvicinandolo a Coppo di Marcovaldo
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900063586
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara
  • DATA DI COMPILAZIONE 1977
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2001
    2006
  • ISCRIZIONI sopra l'aureola del crocifisso - I[E]H[SU]S NAZA/ RENV[S] REX/ IVDEORVM// - lettere capitali -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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