archibugio a pietra focaia - produzione sarda (prima metà XIX sec)

archibugio a pietra focaia, ca 1820 - ca 1840

Arma da fuoco portatile. Lunga canna tonda

  • OGGETTO archibugio a pietra focaia
  • MATERIA E TECNICA LEGNO DI NOCE
    FERRO
    ACCIAIO
  • AMBITO CULTURALE Produzione Sarda
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Musei del Bargello - Museo Nazionale del Bargello
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo del Bargello
  • INDIRIZZO via del Proconsolo. 4, Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE In Sardegna, a partire dal XVII secolo, si svilupparono alcune tipologie di armi peculiari dell'isola, il cui possesso era indispensabile per entrare nei ranghi della Milizia. I soldati dovevano possedere “su errudu”, italianizzato in verruto, antica arma formata da un bastone in legno con un'acuminata punta di ferro all'estremità, usata già in epoca giudicale; e “sa leppa”, la tipica daga sarda. Per divenire miliziano era indispensabile possedere almeno “sa cannedda”, l'archibuso sardo. Sebbene alcuni esemplari di pregio rechino le firme di celebri archibusari sardi, come i Barbuti del Tempio o i Landi di Alghero, alcune canne furono prodotte in celebri centri dell'Italia settentrionale, come Gardone Val Trompia dove si cimentarono nella loro forgiatura famiglie quali i Beretta, i Bersani, i Moretti e i Franzini. Tuttavia, al di là di questi modelli che possiamo definire di lusso, la caratteristica delle cannette sarde era quella di essere armi povere, assemblate con pezzi di armi più vecchie, frammenti di casse e i più disparati meccanismi d'accensione. Proprio per tenere insieme questi pezzi furono ideate le montature in acciaio (raramente in argento) che potevano ricoprire più di tre quarti dell'arma. Le piastre in genere sono mutuate da meccanismi mediterranei, in particolare le piastre alla catalana, ma anche queste spesso erano frutto di rimaneggiamenti, creando il tipico ed eterogeneo acciarino sardo. Le forme allungate delle canne e i calci corti ricordano molto le armi da fuoco balcaniche e medio-orientali, probabilmente perché venivano usati allo stesso modo, come armi di precisione dalle cime delle colline o delle gole. Le collezioni italiane sono ricche di queste armi, in genere uscite fuori dal Regno di Sardegna durante le campagne militari napoleoniche ma soprattutto con la Prima e la Seconda Guerra d'Indipendenza (1848-1849 e 1859). I fondi più importanti, oltre che nelle collezioni sarde, si trovano a Torino in Armeria Reale (inv. M 33, M 34, M 35, M 174, S 33) e nel Museo Nazionale d'Artiglieria (inv. M. 84, M 93, M. 94, M 140), al Museo d'Arti Applicate di Milano (inv. 130 A.F., 131 A.F., 132 A.F.), al Poldi Pezzoli, sempre a Milano (inv. 2174 e 2175), al Museo Civico di Modena (la cannetta inventariata col numero 15), al Museo Stibbert di Firenze (i numeri 4948, 4950, 4952, 4954, 4955, 4957, 4959, 4960, 4964, 4968, 4969). Generalmente è difficile offrire datazioni precise per le cannette, proprio per le strutture eterogenee che le compongono, ma il presente esemplare porta una piastra databile agli anni Quaranta dell'Ottocento. Trascrizione dall’Inventario 1878: «Archibuso sardo? Con sottile canna di fabbrica incognita. Incassatura intera di noce col calcio all'uso delle antiche armi orientali. Batteria liscia con acciarino alla catalana. Lung. della canna m 1,35, lung. totale m 1,64»
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0901142987
  • NUMERO D'INVENTARIO AM 92
  • DATA DI COMPILAZIONE 2020
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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