Il mito di Atalanta

La femminilità e la risolutezza
a cura di Cecilia Perrone, pubblicato il 22/02/2021

Il mito di Atalanta viene tramandato in molte versioni diverse; quella a cui si intende fare fede ora per raccontare le gesta dell'eroina appartiene alla tradizione beotica, che la descrive come figlia ripudiata di Schenèo, re di Onchesto in Beozia. Il padre, desiderando ardentemente un figlio maschio, abbandonò la figlia su un monte, dove venne però allevata e allattata da un’orsa, mandata in soccorso dalla dea Artemide. Atalanta fu in seguito trovata da un gruppo di cacciatori che la iniziarono alla caccia, attività in cui la giovane si dimostrò da subito abile. Dedicata la sua vita e la sua verginità alla dea che l’aveva salvata quando era in fasce, Atalanta crebbe in bellezza e in virtù: eccelleva nella caccia, nella lotta e nella velocità, doti che in più occasioni le permisero di difendersi in situazioni di pericolo. La fanciulla partecipò anche alla leggendaria caccia al cinghiale di Calidonia, che ferì senza però riuscire a ucciderlo; il cinghiale venne finito da Meleagro che, impressionato dall’abilità e dalla bellezza di Atalanta, se ne innamorò; i due innamorati non riuscirono mai a sposarsi a causa della morte prematura di lui.

La leggenda beotica narra poi del tentativo di partecipare alla spedizione degli Argonauti, respinto da Giasone che temeva scompigli per la presenza di una donna sulla sua nave. Al loro ritorno in Grecia la giovane riuscì comunque a partecipare ai giochi funebri organizzati in onore di uno dei partecipanti alla spedizione, trionfando nella gara di corsa. Venuto a conoscenza delle ormai famose doti della figlia, Schenèo decise dopo lunghi anni di riconoscerla e di farla tornare a palazzo, imponendole però la condizione del matrimonio. Atalanta, contraria perché memore della profezia fattale dall’oracolo (se avesse contratto matrimonio avrebbe perduto le sue doti), tentò di sfuggire a questo destino chiedendo di scegliere come sposo chiunque l'avesse battuta in una gara di corsa, e ogni perdente avrebbe pagato con la morte. Forse troppo sicura delle proprie abilità, Atalanta cadde però nel tranello di un pretendente, Ippomene (o Melanione) che, ostinatamente innamorato della sua avversaria, si avvalse dell'aiuto di Venere la quale gli donò tre pomi d’oro dal Giardino delle Esperidi. Il giovane, lasciando cadere i pomi durante la gara, catturò l’attenzione di Atalanta distraendola dalla meta e riuscendo così a vincere la gara. Non è chiaro se Atalanta si lasciò o meno distrarre dal suo pretendente, ma i due convolarono a nozze; Ippomene però non conservò a lungo il favore di Venere che, adirata per un non adeguato ringraziamento, pervase la coppia di un desiderio irrefrenabile mentre passeggiavano nel recinto sacro a Zeus, che venne profanato dai loro atti amorosi; questo fece infuriare il re degli dei che, infine, li trasformò in due leoni.


dal Catalogo

Il patrimonio culturale racconta il mito nei suoi aspetti più noti e iconici, rappresentando le gesta dell'eroina nelle sue varie interpretazioni letterarie. Le schede di catalogo qui riportate rappresentano le opere d'arte che interpretano alcune delle vicende affrontate dall'eroina. 

Pierre Lepautre, Atalante, 1703-1705, Marmo, 128,9x57 cm, Musée National du Louvre Musée du Louvre, CC BY
Pierre Lepautre, Atalante, 1703-1705, Marmo, 128,9x57 cm, Musée National du Louvre