Pala della Trinità. Trinità con la Madonna e San Giovanni Battista

dipinto ca 1520 - ca 1520

Il dipinto su tela raffigura, in basso, Gesù Cristo tra la Madonna e san Giovanni Battista. In alto, compare fra le nuvole e i cherubini Dio Padre con le braccia allargate, da cui discende la colomba dello Spirito Santo. I due gruppi sono separati da un cartiglio verde con un'iscrizione a caratteri dorati che recita "Hic est filius meus dilectus"

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Morone Francesco (1471 Ca./ 1529)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE «Nella chiesa della Vettoria dipinse la capella de’ Fumanelli, sotto il tramezzo che sostiene il coro, […] e nel chiostro una Madonna a fresco; e dopo ritrasse di naturale messer Antonio Fumanelli, medico famosissimo per l’opere da lui scritte in quella professione». Con queste parole Giorgio Vasari ricordava l’intervento di Francesco Morone in Santa Maria delle Grazie (meglio nota come Santa Maria della Vittoria Nuova), la chiesa che la comunità veronese dei Girolamini aveva fatto edificare a partire dal 1487 e che era stata consacrata nel 1513. Intervento che – lascia intendere il testo – non si era limitato all’esecuzione della pala d’altare, ma si era esteso probabilmente alla decorazione dell’intera cappella. Soppressa e atterrata la chiesa nell’Ottocento, distrutta nell’ultima guerra anche la cappella Pompei, sopravvissuta come edificio autonomo (dove erano altri affreschi di Morone), non resta in piedi che il chiostro del convento, che non conserva traccia alcuna di quelle pitture. La pala entrò a far parte delle collezioni civiche fin dalla loro costituzione, nel 1812, in seguito alle soppressioni ecclesiastiche del Regno d’Italia. Il suo stato di conservazione si può definire buono. Un verbale di restauro dell’agosto 1857 la descriveva bisognosa di pulitura (per la «gran fuligine») e di foderatura e segnalava che gli azzurri del cielo e del manto della Madonna erano alquanto alterati, ma «le carni trovasi intatte», anche se le mani e la testa del Cristo erano state «fregate» in passato. L’intervento previsto fu eseguito da Lorenzo Muttoni, pittore, restauratore e funzionario del Museo civico. Francesco Morone è un pittore enigmatico, che non presenta una percepibile evoluzione stilistica, ed è sempre molto difficile seriare cronologicamente i suoi lavori. Con rare eccezioni (Del Bravo 1962), la "Pala della Trinità" è sempre stata considerata un’opera giovanile, anteriore addirittura alla "Crocifissione" di San Bernardino, che è datata 1498 (Bernasconi 1864, p. 280). Eppure, come osservato da Gianni Peretti (2010, pp. 280-281), se un altro dipinto del suo catalogo può essere convocato a confronto, quello è il "Battesimo di Cristo" proveniente dalla chiesa dei Santi Nazaro e Celso (inv. 1408-1B0464), eseguito sicuramente dopo il 1517, con il quale essa condivide anche un’effimera attribuzione a Paolo Morando suggerita da Cavalcaselle. Entrambe le opere dipendono dal "Battesimo" dipinto ad apertura di secolo da Giovanni Bellini per la chiesa vicentina di Santa Corona, un’icona particolarmente cara a Francesco. Nel nostro caso è evidente la ripresa della figura del Padre Eterno, mentre per il volto trasumanato del Cristo può valere più opportunamente il rimando ad un altro testo belliniano, il morbidissimo frammento di "Trasfigurazione" delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Un concreto elemento cronologico a sostegno di questa ipotesi è fornito dall’erudito settecentesco Giambattista Biancolini nelle sue "Notizie Storiche delle Chiese di Verona". Menzionando Filippo de’ Lazari da Urbino, priore di Santa Maria della Vittoria Nuova durante gli anni 1519-1522, egli segnala che «in questo tempo era stata edificata nella detta chiesa da Antonio e Lodovico Fumanelli nostri cittadini la cappella della Santissima Trinità, e del 1528 fecero fabbricare anche il pozzo nel chiostro del convento» (VIII, 1771, p. 250). Questa informazione integra, confermandola, quella fornita da Vasari. Antonio e Ludovico Fumanelli, fratelli, abitanti nella contrada di San Nazaro, medico il primo, notaio il secondo, appartenevano a una famiglia di recente nobiltà originaria della Valpolicella, dove conservavano estese proprietà terriere. Dal testo vasariano si desume, inoltre, che Antonio commissionò a Paolo Farinati, molti anni dopo, la decorazione a fresco di una sala nel nuovo palazzo di famiglia a San Fermo. (da Gianni Peretti 2010, pp. 280-281)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715214
  • NUMERO D'INVENTARIO 1461
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI sul filatterio - HIC EST FILIVS MEVS DILECTVS - capitale -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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