Madonna della Quercia. Madonna con il bambino e i santi Pietro e Andrea

dipinto 1533 - 1533

Il dipinto raffigura la Madonna con il bambino sospesi su un manto di nuvole e, in basso, i santi Andrea e Pietro. Sullo sfondo un paesaggio fluviale nel quale si scorge la scena del battesimo di Cristo

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Dai Libri Girolamo (1474/ 1555)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'opera ebbe maggior fortuna critica di altri dipinti di Girolamo e fu ripetutamente osservato in Sant’Andrea apostolo e segnalato dagli autori settecenteschi, lungo tutto il secolo. Poi, nel momento della riscoperta ottocentesca delle glorie pittoriche locali del Rinascimento, il dipinto costituì un modello per reinterpretazioni romantiche (si veda la pala di Giovanni Caliari nella parrocchiale di Marcellise). Nel 1812, soppressa ormai la chiesa di Sant’Andrea, la pala fu inclusa nel gruppo destinato a formare il primo nucleo della Pinacoteca cittadina. È il dipinto più tardo di Girolamo che sia giunto a noi, e rappresenta anche l’acme classicista e manierista nella sua pittura di grandi dimensioni. Dell’aura manierista che nella prima metà degli anni trenta – grazie soprattutto a Giovanfrancesco Caroto e a Francesco Torbido – spira ormai a Verona in modo da non poter essere trascurata nemmeno da chi, come Girolamo, guarda volentieri al passato, il nostro pittore coglie e trasferisce in questo dipinto l’aspetto monumentale. Come suggerito da Gino Castiglioni (2010, pp.359-361) ne sono ispiratori, più che i dodici teatrali ciclopi appena dipinti (1534) da Torbido in cattedrale su disegno di Giulio Romano, i vigorosi apostoli di Tiziano (1532) per l’"Assunta", sempre nella cattedrale. Ma il riferimento più diretto, per l’impianto spaziale e prospettico, è la paletta con la "Vergine in gloria e i santi Pietro, Leonardo (?), Zeno e Paolo", dipinta da Giovanni Girolamo Savoldo, negli anni veneziani (1533), per la chiesa di Santa Maria in Organo. Il nesso sembrerebbe essere stato individuato già da Gaetano Zancon che, nella sua muta "Raccolta delle più celebri pitture di Verona", del 1806, accostava le tavole con i due dipinti (pur continuando a credere la seconda di Bonifacio Veronese, accettando l’attribuzione tradizionale). La data 1533 stabilisce dunque il termine post quem per la "Madonna della Quercia" che, tuttavia, non è di molto successiva a quell’anno. I santi di Girolamo assumono la valenza di solidi geometrici, di poderose quinte che chiudono con grande effetto scenico un paesaggio ancora una volta protagonista, fatto di colli, di distese lacustri, di vapori nella lontananza. La quercia, drasticamente potata, in modo da replicare, rafforzandola, la corporea presenza dei santi protagonisti, prima ancora di dare un contributo come ovvio simbolo di forza, di incrollabilità nella fede, funziona da fisico contrappeso con la croce del lato sinistro. Proprio come avviene per la Vergine, bilanciata da una bandiera, nella rivoluzionaria pala Pesaro di Tiziano, in Santa Maria Gloriosa dei Frari, dinnanzi alla quale è facile immaginare che Girolamo avesse a lungo sostato. Nell’ampio espandersi d’acque dello sfondo, Girolamo cita sé stesso ripetendo in scala ridotta il "Battesimo di Cristo", del tutto fuori tema (Castiglioni 2010). L’inserto, posto nel varco che si apre tra le figure maggiori, non è una novità. Forse a Girolamo sarà stato suggerito dal piccolo monaco orante, che, sperduto nel paesaggio profondo, fa capolino tra i quattro santi della tela di Giovanfrancesco Caroto per la cappella Banda in San Fermo (1528). Senza mai inoltrarsi nel versante stravagante o eccentrico della maniera, Girolamo ne utilizzò parzialmente i canoni decorativi soltanto nella miniatura. Castiglioni (2010) ricordava a tal proposito i corali miniati proprio negli anni della "Madonna della Quercia" per i canonici regolari della congregazione del Santo Salvatore, nel monastero di San Michele a Candiana (Padova): il Graduale Ross. 1194 (Biblioteca Apostolica Vaticana) e, in particolare, lo stupendo foglio iniziale di Salterio (Parigi, Musée Marmottan, collezione Wildenstein). Nelle pieghe delle carte da coro, sottratte ad occhi profani per essere riservate alla ristretta devozione di monaci colti, non ancora controriformati, l’anziano miniatore si concede una decorazione complessa, aggiornata sui recenti esiti romani e fiorentini, di superba invenzione e ricchezza, con ardite combinazioni che accolgono muse accanto a Virtù e citazioni dall'antico. Un sofisticato disegno esoterico che mai Girolamo avrebbe osato immaginare per una pala d'altare, e nemmeno per la figurazione centrale di una iniziale. Ma che, a suo modo di vedere, era possibile nell'astrattezza e nella complementare funzione di ornamento di un fregio perimetrale. (da Gino Castiglioni 2010, pp.359-361)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715217
  • NUMERO D'INVENTARIO 1306
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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