Sacra Famiglia con san Francesco e il conte Francesco Sambonifacio. Sacra Famiglia con San Francesco e il conte Francesco Sambonifacio

dipinto ca 1534 - ca 1554

Il dipinto raffigura la Madonna in trono con Gesù bambino, al centro, affiancati da san Giuseppe, a sinistra, e da san Francesco, a destra. In basso, il committente ritratto a mezzo busto di trequarti. Questi ha barba e capelli bianchi e indossa una pelliccia di ermellino. Sul basamento del trono un'iscrizione e dietro il gruppo un pesante tendaggio

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Torbido Francesco Detto Moro (1482-1485/ 1561 Ca)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le pessime condizioni di leggibilità del dipinto, già molto guasto e restaurato al momento della sua comparsa nella collezione Bernasconi, ne hanno condizionato fin dall’inizio non solo l’analisi dei caratteri stilistici – tuttora quasi impossibile – ma, per qualche tempo, anche la corretta interpretazione del soggetto raffigurato. Aleardi (1851) e Ferrari (1871) vi scorgono infatti un santo olivetano in atto di presentare alla Vergine il medico letterato Girolamo Fracastoro, mentre per Bernasconi (1864) e Bernardini (1902) si tratterebbe invece di san Girolamo, omonimo e protettore del donatore, identificato con il poeta veronese Girolamo Verità. Un successivo intervento di restauro, non documentato ma certo di poco successivo, ha portato alla scoperta dell’iscrizione sulla base del trono della Madonna, consentendo a Trecca (1910; 1912) di riconoscere nel devoto committente il conte Francesco Sambonifacio, «detto, per la grandezza del corpo, il Conte Lungo», il cui ritratto, ricordato da Vasari tra i molti eseguiti dal Moro a Verona, potrebbe essere identificabile proprio con quello effigiato in questa pala (Viana 1933). Sebbene la scritta, sovrapposta alle modanature del basamento, sia stata con ogni probabilità aggiunta in epoca successiva all’esecuzione del dipinto (forse con l’intenzione di tramandare ai posteri il nome del committente, altrimenti affidato alle sole memorie di famiglia), non vi è dubbio che si tratti di Francesco, figlio del nobile Giulio Sambonifacio e di Tomari Nogarola, nato nella contrada di San Tomio intorno al 1480, educato alla corte dei Gonzaga a Mantova, uomo d’armi e membro di una delle famiglie più in vista della città, le cui case il Moro frequentava «come se in quelle fusse nato» (Vasari [1568]1880, V, p. 291). In quale misura tale consuetudine possa aver agevolato il pittore nella sua professione si può arguire dai testamenti dettati da Francesco Sambonifacio il 21 giugno e il 31 ottobre 1550 (ASVr, Antico Ufficio del Registro, Testamenti, m. 142, nn. 230 e 380), dove, tra i suoi esecutori testamentari, figurano due personaggi di vasariana memoria: monsignor Benedetto de’ Martini, Cavaliere di Rodi, ritratto dal pittore, che per lui avrebbe anche mutato «in abito da pecoraio o pastore» l’immagine del giovane Francesco Badoero, oggi al Museo Civico di Padova, e Girolamo Verità, il cui ritratto, mai terminato per la lungaggine del Moro, rimase comunque «appresso i figliuoli di quel buon signore» (Vasari [1568] 1880,V, p. 294). Pur con tutte le riserve dovute alla cattiva conservazione del dipinto che una relazione del restauratore Attilio Motta nel 1914 rileva aver perduto perfino «gli ultimi strati sottilissimi, così che rimane, in molta parte, solo che un abbozzo, più o meno qua e là rivestito ancora di qualche velatura» (AMCVr, anno 1914, fasc. I), Francesco Sambonifacio sembrerebbe qui molto più anziano di quanto appaia nella medaglia coniata da Giulio Della Torre (Hill 1930, p. 144, fig. 102). L’apparente età di circa sessant’anni da lui dimostrata in questa tela porterebbe a posticipare di oltre un decennio la datazione intorno al 1525, proposta da Dirce Viana (1933) e implicitamente accolta anche da Maria Teresa Franco Fiorio (1971), che ravvisa nel dipinto il riflesso della pittura tosco romana mediata attraverso le opere eseguite da Giovan Francesco Caroto in quegli anni. La perdita quasi totale di questo importante dipinto – da collocare dopo l’impatto manieristico degli affreschi della cattedrale nel 1534 e prima delle opere documentate a Venezia e a Padova tra il 1546 e il 1554, purtroppo disperse – non ci consente neppure di valutare il significato e la portata dei caratteri tizianeschi rilevati dalla maggior parte della critica, ma in realtà oggi avvertibili soltanto nella grandiosità dell’impostazione scenica e nella scelta del modello compositivo. (da Marina Repetto Contaldo 2010, pp. 414-415)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717776
  • NUMERO D'INVENTARIO 4140
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI sul basamento del trono - SANCTI BONIFATII FRANCISC. COMES PIA DEVOTIONE / DEIPARAE VIRGINIS OPUS HOC DICAVIT SUAMQ. / UT CETERIS NOTESCERET EFFIGIEM POSUIT - capitale -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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