Angelo. angelo

dipinto murale ca 1532 - ca 1546

Frammento poco leggibile raffigurante un angelo

  • OGGETTO dipinto murale
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a affresco
  • ATTRIBUZIONI Torbido Francesco Detto Moro (1482-1485/ 1561 Ca)
  • LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’affresco, staccato in due pezzi, è pervenuto al Museo nel 1896 unitamente al frammento n. inv. 6217-1B1101, raffigurante una “Scena di storia antica”, con cui costituiva un’unica raffigurazione. Saverio Dalla Rosa (1804), che per primo a Verona attribuì questi affreschi a Francesco Torbido, così ne descriveva la collocazione e il soggetto: «Esistono sopra una Casa, che fù già de’ Bellotti, ora Olivetti, situata nella Strada, che dalla Stella conduce a Santa Maria della Scala. Si vedono prima in alto due genietti, che sostengono uno scudo gentilizio. Nel partimento superiore è figurato un Giove in Statua od Idolo a Chiaro-scuro, con acquila nel basamento dell’Ara, e davanti vi sono tre Ré coronati il Capo, ai quali alcuni Sacerdoti spiegano l’oracolo che sono venuti a consultare. Nel partimento inferiore evvi similmente altro Idolo, che sembra Marte, con altre tré figure di guerrieri, ad uno de’ quali un Sacerdote consegna scritta la risposta dell’Oracolo. Forse è Bruto colli due Tarquinj. Sotto le finestre vi sono due paesaggi ancor freschi, e bellissimi. Da un lato un avanzo di bel vecchio con verga in mano». Gli affreschi, all’epoca di Dalla Rosa «ancor del più vago colorito, e ben conservati quantunque sì antichi», in una relazione presentata nel 1841 dalla Commissione del Civico Ornato risultavano già così deperiti da richiedere un «pronto riparo» (Schweikhart 1973, p. 209). Il progressivo deterioramento della superficie dipinta portò alla scomparsa dei paesaggi sotto le finestre (non più citati dalle fonti successive) e rese sempre più problematica la lettura delle immagini superstiti, tanto che Burckardt ([1855] 1952) descriveva i frammenti come un "Sacrificio" e una "Consacrazione delle armi", mentre Bernasconi (1864) li citava come "Sacrifici pagani", rilevando inoltre le pessime condizioni della pittura del primo piano. Lo stesso Bernasconi per primo formulò l’ipotesi che la casa affrescata, allora di proprietà dei conti Arrighi, fosse quella appartenuta un tempo allo storico Torello Saraina, citata da Vasari come dipinta da Francesco Torbido. Accolta e sviluppata da Pietro Sgulmero (1896), tale ipotesi è stata confermata dal ritrovamento di un elenco seicentesco di opere d’arte veronesi, nel quale la casa Saraina viene identificata con quella «del stalo al Leoncin alla Stela» (Gerola 1909). Nel 1896 il farmacista Giovanni Castellani, divenuto proprietario della casa in questione, dovendo aprire delle finestre al piano terreno per adibirlo ad uso di negozio, ottenne il permesso di staccare il riquadro del piano inferiore facendone dono al Museo, dove entrarono così, dopo l’intervento eseguito da Gaetano Pasetti, la "Scena di storia antica" e un "Angelo", non ricordato nella descrizione di Dalla Rosa e ritrovato nei depositi, quasi illeggibile. Il resto delle pitture sulla facciata, ritenute parzialmente autografe da Berenson (1907; 1932; 1936), è andato invece perduto con l’intero edificio durante l’ultimo conflitto. L’errata identificazione di questi affreschi (Trecca 1912) con quelli riprodotti da Pietro Nanin (1864, tav. XII), che invece si riferiscono alla decorazione eseguita da Francesco Caroto sul prospetto di casa Borella-Palermo in via Stella 22, ripresa anche da Gerola (1919), Viana (1933) e Brenzoni (1972), è stata corretta da Schweikhart (1973, pp. 209-211 n. 43). Le pessime condizioni del frammento superstite, scrostato in più punti e lacunoso, non consentono di confermare la lettura della scena proposta da Saverio Dalla Rosa, secondo la quale i tre guerrieri, oggi non più visibili sulla parte destra, sarebbero Tito e Arunte, figli di Tarquinio il Superbo, inviati a Delfi, assieme al nipote Giunio Bruto, per consultare l’oracolo di Apollo (Livio, I, 56). Resta comunque ancora ben riconoscibile lo schema triangolare che caratterizza tutti i dipinti d’altare eseguiti tra il terzo e il quarto decennio, dal "San Lorenzo martire tra i santi Giovanni battista e Pietro" della parrocchiale di Bagolino, al "San Lorenzo Giustiniani" del Museo di Castelvecchio (n. inv. 6621-1B2435), alla "Pala di santa Barbara" nella chiesa di Sant'Eufemia a Verona. Secondo Vasari ([1568] 1880, V, p. 292), l'esecuzione degli affreschi per Torello Saraina dovrebbe essere avvenuto «appresso» le pitture della cattedrale del 1534, assieme alla perduta decorazione sulla facciata della «casa de' Manuelli, fondata sopra la spalla del Ponte Nuovo», si cui è stato possibile riconoscere i proprietari e committenti nei fratelli Girolamo e Alberto di Cristoforo Manuelli, mercanti di seta all'Isolo di Sotto (ASVr, Comune, Anagrafi, regg. 493, 496, 503). Secondo Marina Repetto Contaldo (2010, p. 414; 1984, p. 53), la realizzazione dell'affresco si collocherebbe tra il 1532, anno in cui Torello Saraina passa dalla contrada di San Pietro Incarnario a quella di Sant'Andrea, dove era situata la casa in questione, e l'inizio del 1546, quando il pittore risulta ormai trasferito a Venezia. (da Marina Repetto Contaldo 2010, p. 414)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717777
  • NUMERO D'INVENTARIO 6218
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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