Battesimo degli Ibis. battesimo di Cristo
dipinto
ca 1525 - ca 1530
Dai Libri Girolamo (1474/ 1555)
1474/ 1555
Il dipinto raffigura il battesimo di Gesù. Giovanni battista versa sul capo di Cristo l'acqua del fiume Giordano, mentre a sinistra due personaggi portano gli abiti del Redentore. Dio Padre, insieme alla colomba dello Spirito Santo, compare in alto e assiste alla scena. Sullo sfondo, un paesaggio collinare con caseggiati e alte montagne all'orizzonte
- OGGETTO dipinto
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MATERIA E TECNICA
tela/ pittura a olio
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ATTRIBUZIONI
Dai Libri Girolamo (1474/ 1555)
- LOCALIZZAZIONE Museo degli affreschi G.B. Cavalcaselle
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Nel 1803 Saverio Dalla Rosa scorse in Santa Maria della Fratta, su un altare laterale, un «battesimo di Nostro Signore nel Giordano eseguito dal Precursore, con Angeli a basso, ed il Padre eterno in alto». Credendolo di Francesco Bonsignori, così lo attribuiva nel "Catastico". Tre anni più tardi la chiesa della Fratta era soppressa e demaniata, fatto che determinò il passaggio del dipinto al Museo civico. Nel 1812 la provenienza è riaffermata negli elenchi redatti per il passaggio tra i beni demaniali (Avena 1907). "Catastico" ed elenchi non dovevano essere facilmente accessibili, tanto che qualche decennio dopo Bernasconi nei suoi "Studj" (1864) dichiarò il "Battesimo" «d’ignoto venuto». Sorprende, però, che prima di Dalla Rosa, nessun altro autore segnalasse il "Battesimo" alla Fratta: né Lanceni (1720, p. 125), né Biancolini (I, 1749, p. 123) – che elencano le pitture, rispettivamente, pochi anni prima e subito dopo gli importanti lavori di rinnovamento (1746), durante i quali la chiesa fu anche rialzata – né Marini (1797, p. 39) menzionano il dipinto. A meno che, i primi due, non lo avessero incluso sotto la comune etichetta di «pale antiche ed ordinarie». Negli elenchi del 1812 l’autore è ritenuto Gianfrancesco Caroto, e solamente nel 1820 è avanzata da Giambattista Da Persico la prima attribuzione a Girolamo Dai Libri. Tuttavia permane, nella critica ottocentesca, qualche esitazione sul nome dell’autore, prima del definitivo concordare su Girolamo a partire dalla fine del secolo. Achille Forti evidenziava «la maniera più forzata e affaticata del dipingere le figure» tentando di vederne la causa nella tarda età del pittore; in realtà uno strato di pesanti ridipinture ha velato per anni la pala, conferendole un aspetto, se non di falso, almeno di pastiche romantico, per cui il termine «affaticato» risultava davvero appropriato. Solo il recente restauro ha fatto riemergere la pittura originale, purtroppo offesa da una energica antica pulitura, ed ha restituito, in parte, la freschezza del paese e la dolcezza dei toni, e ravvivato il «chiaro impianto umbro» che vi aveva scorto Del Bravo. La datazione è anch’essa discussa. Wittkower situa il dipinto all’inizio degli anni trenta del Cinquecento, proposta accolta da molti studiosi; Eberhardt, notando la vicinanza stilistica con la "Trinità", miniatura del Fitzwilliam Museum di Cambridge, ritarda l’esecuzione agli anni quaranta; Marinelli, invece, avvicina la pala a quella di San Giorgio del 1526. Ma è proprio l’aura umbra, che così scopertamente pervade il dipinto – tanto che esso risulta, nel Battista in particolare, quasi una replica dal "Battesimo" di Perugino ora al Kunsthistorisches Museum di Vienna (Castiglioni 1996a) – a orientare verso la seconda metà degli anni venti. È in questo momento, infatti, che Girolamo dimostra una tardiva attenzione per la pittura di Pietro Perugino, la prende a modello, ne reinterpreta la dolcezza in alcune sue opere; ne sono aperti esempi, oltre al "Battesimo", le "Storie dei santi Biagio, Sebastiano e Giuliana", in San Nazaro e Celso, di cui sono documentati i pagamenti tra dicembre 1526 e febbraio 1528 (Biadego 1906, p. 36). Gli uccelli di fiume, anatre e ibis (o aironi?), sono, dapprima, il ricordo di modelli decorativi copiosamente presenti nelle miniature del padre Francesco; ma assumono anche un’aperta valenza simbolica: all’ibis il libro di Giobbe (38, 36) attribuisce facoltà di preveggenza («Quis posuit in visceribus ibis sapientiam?»); l’airone invece è simbolo di Cristo sofferente: la presenza di questi uccelli prefigura quindi la passione di Cristo. L’episodio centrale, con la mano sinistra del Battista più fedelmente ricondotta al prototipo di Pietro Vannucci, è ripreso da Girolamo, alcuni anni più tardi, nella "Madonna della Quercia". Che sia autocitazione, o piuttosto citazione diretta di Perugino, è comunque testimonianza del persistere dei modelli nella bottega. (da Gino Castiglioni 2010, pp. 356-358)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717823
- NUMERO D'INVENTARIO 1292
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- ISCRIZIONI nel cartiglio sotto l'Eterno - HIC EST / FILIVS MEVS / DILECTVS - capitale -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0